47 Ronin: recensione film

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47 RONIN, LA STORIA E LA TRADIZIONE RIVISTE IN CHIAVE FANTASY DA CARL RINSCH

47_roninGENERE: fantastico

Data di uscita: 13 Marzo

Durata: 118′

Voto: 3 su 5

La storia dei 47 Rōnin  affonda le sue radici nel Giappone feudale di inizio diciottesimo secolo e a oggi è considerata dal popolo nipponico la storia più rappresentativa di tutto il Sol Levante, la raffigurazione delle origini di questi questi samurai è avvenuta grazie al teatro Kabuki, ma anche – già una volta – con la trasposizione su pellicola del 1941 opera di Kenji Mizoguchi. La vicenda narrata è vera e non parla solo di una sanguinosa e caparbia vendetta ma anche di fedeltà e di onore, un onore tramandato da generazioni di samurai tramite i precetti del bushidō. Oggi, finalmente, dopo un’attesa infinita farcita da altrettanti infiniti rinvii, arriva anche in Italia il film 47 Rōnin diretto dall’ignoto regista Carl Rinsch.

I fatti raccontano la storia di un bambino di nome Kai (Keanu Reeves) che, smarritosi all’interno di una foresta, viene trovato da un gruppo di samurai e dal loro signore Asano (Min Tanaka). Accolto nei domini di Asano il giovane cresce fra il malcontento del restante gruppo e un’amicizia speciale con Mika (Kô Shibasaki), figlia di Asano. Un giorno Lord Kira (Tadanobu Asano), diretto rivale del feudatario, attraverso l’oscura magia della sua amata strega (Rinko Kikuchi) induce quest’ultimo ad attaccarlo. Tale atto viene visto agli occhi dello Shogun come un oltraggio. Grazie al suo elevato rango Asano ha la possibilità di togliersi da solo la vita e la figlia Mika viene di conseguenza affidata allo stesso Kira. I samurai ormai distrutti dalla morte del loro padrone, diventano di fatto Rōnin e assieme a Kai, ormai entrato nelle loro grazie, decidono di intraprendere un’avventura fatta di sangue e vendetta.

Al valore storico e alla carica emozionale del racconto originario purtroppo, nonostante il tempo a disposizione, non viene resa giustizia anche se, sotto l’aspetto visivo il lavoro dello sconosciuto cineasta riesce comunque a brillare.

I 170 milioni di dollari spesi per realizzare questa opera si palesano lungo la proiezione grazie a dei meravigliosi concept art riportati in modo magistrale su schermo e alle scene d’azione ben congegnate che riescono a dare un ritmo serrato al film rendendolo digeribile nonostante i tempi morti spesso presenti.

Chiaro è che l’elemento fantasy predominante disconosce totalmente la realtà dei fatti e, se da una parte è un piacere per gli occhi, dall’altra purtroppo si scontra con il messaggio chiave della storia che non arriva fino in fondo. Onore, fedeltà e rispetto sono termini inflazionati nel cinema giapponese, ma in una pellicola come questa doveva essere attribuita la giusta concretezza a queste virtù per fargli fare quel salto di qualità mancante. C’è solo un accenno a questa filosofia di pensiero, ma ciò non aiuta la trama che rende alle volte sia i dialoghi che le situazioni troppo stereotipate.

Nel suo insieme tutto il cast fa un buon lavoro. Keanu Reeves è un protagonista di facciata, che spesso viene completamente oscurato dalla bravura di Sanada Hiroyuki, magistrale nell’interpretazione di Ôishi. Una considerazione speciale va fatta per Rinko Kikuchi, che torna dopo le fatiche di Pacific Rim interpretando una subdola strega cattiva.

Alla fine 47 Rōnin lascia una percezione di incompletezza, ma rimane comunque una rispettabile storia di puro intrattenimento, condita qua e là da qualche virtuosismo. Unico rammarico è il tempo a disposizione, incapace di portare i giusti consigli agli sceneggiatori che avrebbero potuto rendere questa trama epica, ancora più poetica, rispettando la tradizione e scavando ancora più in profondità nelle antiche radici orientali.

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