REPORTAGE ALL’INTERNO DELLE SALE DI DOPPIAGGIO
La saletta buia è illuminata solo dalla lampadina dello scrittoio e dal chiarore dello schermo. Pian piano gli occhi si abituano, così l’ambiente intorno a noi prende forma, rivelandoci il luogo dove i doppiatori lavorano, il loro habitat naturale. Uno di loro sta rileggendo la parte che dovrà incidere, mentre l’assistente rivolge un cenno al di là del vetro insonorizzato al direttore del doppiaggio.
L’Italia è uno dei pochi paesi che può vantare una lunga e storica tradizione di doppiaggio,nonostante nei primi tempi,e si parla di diverse decadi fa,chi dava voce ai volti degli attori non era osannato,anzi trovava più critiche che assensi. Nata comunque per esigenze di scarsa alfabetizzazione nazionale,la figura del doppiatore fu interpretata agli esordi da pochi volenterosi,i soliti noti che ritroviamo sempre in ogni film dell’epoca. Successivamente,e per giusti meriti,questa professione è stata molto valorizzata,fino a giungere all’importanza che ha acquisito negli ultimi anni. Fare il doppiatore richiede grande sacrificio,un ferrea determinazione,l’essere “attore” fuori dagli schermi e senza un pubblico dinanzi. La questione,dunque,non è discorso di impegno lavorativo,ma solitamente nasce quando il pubblico si divide su una stessa opinione. Perché è ormai chiaro che da tempo c’è chi sostiene che una qualsivoglia pellicola cinematografica possa incrementare il proprio valore,se proiettata in lingua originale. Ci sono altri,invece,per i quali i sottotitoli creano disagi nella lettura e l’idea di privare i loro idoli della voce che li ha fatti “innamorare”,è vista come delitto sacrosanto. Altri ancora si astengono. Certo,se si pensa a voci storiche come quelle di Ferruccio Amendola o Giancarlo Giannini,i doppiatori di icone hollywoodiane quali Robert De Niro e Al Pacino,ma anche a certe “nuove” leve come Luca Ward,Roberto Pedicini,Alessandro Rossi, Tonino Accolla e via citando,si fa presto a schierarsi con i secondi. Ma se si assiste a Festival o Mostre del Cinema,come quella di Venezia,dove si rimane incantati di fronte alla bravura recitativa di alcuni attori,bisogna dare ragione anche ai primi. Sta a noi tutti scegliere ciò che si adatta maggiormente alle nostre esigenze. Gli addetti ai lavori si interrogano spesso su questo dibattito,anche se la soluzione resta ancora aperta. Sicuramente l’obiettivo,tutt’altro che utopico,dovrà essere almeno quello di concedere allo spettatore la possibilità di decidere,per conto proprio e senza imposizioni,verso quale delle due scelte optare. Per ora lo scenario,a meno di quelle eccezioni riassunte nelle sale che già offrono questa disponibilità,resta tale e immutato. Perciò, quando al termine di una proiezione scorrono i titoli di coda, soffermiamoci anche sui nomi di chi, dall’ombra, presta la sua voce al cinema.