Sodoma è niente in confronto!
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Facciamo un passo indietro. L’intreccio tra cinema e realtà è stata la base del successo del neorealismo, i grandi affreschi della devastata neorepubblica italiana o del periodo immediatamente precedente hanno fatto scalpore ed epoca. Epoca, appunto, sono opere che appartengono al passato, lontano anni luce dal quadro desolante ritratto da Roberto Saviano nel suo libro Gomorra, viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra. Dal quale il regista romano in ascesa, Matteo Garrone, dopo il successo dell’omonimo spettacolo teatrale, ne ha tratto un film dall’elevato quoziente di difficoltà, indimenticabile per chi ha a cuore il destino di questo nostro paese. E il successo all’estero, con il premio Grand Prix di Cannes, mostra come abbia colpito nel segno.
Gomorra, appunto, un girone dantesco a cui non ci si può sottrarre, che appare davanti agli occhi così come le montagne di rifiuti e la disinformazione dilagante. Fino a che punto alla deriva può spingersi una nazione? Indagando con stile quasi documentaristico uno spaccato a tinte fosche di Scampia, realtà troppo spesso nominata nelle cronache, Garrone analizza il vortice di violenza e tensione che avvolge la Camorra, il lato campano della mafia. Un viatico senza ritorno, tra riti di iniziazione, addestramento all’omicidio, corruzione come acqua da bere, scorie da respirare, carcere e carcerieri; dove l’ebbrezza del potere relega il rischio di una vita sbagliata ai margini dell’orizzonte umano. Specie come per i due ragazzi arruolati come killer (esordienti presi dalla strada), quando non hai un futuro e quindi nulla da perdere, sei fuori dal mondo e per capirti la “tua stessa” gente necessita dei sottotitoli. Regia lineare e attenta, sceneggiatura dello stesso Saviano, impeccabile per essere un adattamento cinematografico, suoni e colori che inchiodano sulle macerie di una civiltà ai confini della civiltà, non lontano da casa nostra dove tutto (sembra) più roseo, ma troppo vicino per non sentirne la puzza. Un pacato Toni Servillo, perfetto in ogni ruolo che gli si cuce addosso, come un Pacino prima maniera, incarna il volto silente e oscuro di quel mondo che rappresenta, in qualità di manager-protagonista e testimone delle fantasie malate dei boss di Secondigliano e dintorni. La pellicola incarna un ritratto esistenziale duro e crudo in barba alle dichiarazioni di Squitieri, una condotta da fuorilegge vissuta ai margini della società, in dimore blindate ed edificate in prossimità di quelle discariche in cui volentieri li rimetteremmo. Gomorra uguale inno alla criminalità organizzata senza l’enfasi del caso, senza le velleità romanzate alla Mario Puzo. Insomma un pugno in faccia diretto al volto dello spettatore che non può e non deve chiudere gli occhi, perché deve “sputare sangue” nel vedere come le ferite profonde della sua terra non si rimarginano mai.