Accusa ad un sistema di scrittura antiquato
{mosimage}
La sensazione è quella in cui si accenna un sorriso a mezza bocca, scrollando le spalle con velato disappunto. Il momento storico quello preciso in cui l’Alitalia affonda, la scena al di fuori di una qualsiasi ateneo della città eterna, il protagonista non un attore bensì chiunque senta propri questi pensieri. Vale per tutti? In realtà ci riferiamo al mondo del cinema, quello visto dietro i riflettori, nello specifico chi scrive e commenta i film, e alla sua cortina di fumo. L’arrosto è invece rappresentato dalla graticola sulla quale i laureati di cui sopra finiscono per mancanza di lavoro. Una situazione insostenibile oramai.
{mosimage} Scrive Beppe Grillo nel suo blog: “Cos’è un giornalista economico? E’ una figura strana. Un addetto stampa delle aziende che fanno pubblicità sul giornale in cui scrive”. Considerando l’affinità nella definizione possiamo estendere il concetto. Il nostro è un paese fondato sullo stage, in cui regna la vecchiocrazia e dove il merito conta a calcetto, mentre l’aiutino si fa in cambio di favori e allusioni di varia natura. L’accesso al mondo del lavoro, qualsivoglia intendiamoci, compreso quello del giornalismo cinematografico di cui il nostro sito è sintesi (e simbiosi) perfetta, è un portale andato in tilt, le opzioni sono tante, le reali possibilità nulle. O quasi. Colloqui, tirocinii e introduzioni alla professione si sono fermati all’era feudale, quando si lavorava gratis in cambio del vitto. Poiché al giorno d’oggi quel vitto costa quanto un barile di petrolio, ecco che la non retribuzione “comincia” ad essere un problema serio. Manca la possibilità di confrontarsi col mondo professionale, nonché l’approccio iniziale in cui si può dimostrare il proprio valore e le proprie competenze. Affrontando questo discorso dal lato della carta scritta, la situazione è ancor peggiore perché le redazioni sono strapiene, colleghi vengono alle mani per una sostituzione e il clima teso fa nascere nuove forme editoriali nella placida oasi della free press. Free press – money free, nel senso che anche lì i cosiddetti “volontari” si contano a centinaia, specie i ragazzi freschi di laurea, che pur di scrivere e farsi le ossa (nonostante già preparati in materia, alle volte) si riducono a mendicare un pezzetto nell’angolo degli oroscopi. Se il focus aumenta, la carta scritta, così come gli uffici stampa e i siti dedicati al cinema con tutti i loro contenuti di approfondimento e attualità, rispecchiano la stessa situazione. Ma per quanto la passione del mestiere resiste all’ariete della semi-occupazione? Non molto a dir la verità, quando arrivano i primi stipendi il paragone diventa quello di un tir lanciato contro una barriera di cristallo. Sfidiamo chiunque ad asserire il contrario. Ecco perché Film for life è un’idea che sta dietro ad un progetto di rinnovo culturale, essendo noi stufi di legger le stesse notizie ricalcate pari pari di quotidiano in quotidiano, attraverso le stesse identiche persone che da anni (quindi invecchiando) si occupano di una materia in continua evoluzione, a cui bisognerebbe dedicarsi più del tempo che gli si concede. O in ogni caso da nuove prospettive, portare insomma una boccata d’aria fresca in quel cinema che fa del classicismo il suo marchio storico, ma dei giovani il suo punto di forza e di guadagno. Leggere per leggere non vale la pena, se non dal medico in sala d’attesa, dunque un movimento di pensiero diverso significhebbe dare l’opportunità a giovani come noi (che uno spazio web ce lo siamo presi comunque) di creare un’efficace forza lavoro. Perciò via i vari Rondi, Kezich, Morandini e i loro compari dal cinema rivelato, la dolce vita è finita da un pezzo, ma in troppi non se ne sono ancora accorti. Date una chance a chi avrebbe voglia di fare…scrivere, raccontare.