Avere un quanto di consolazione significa, reinterpretato, che ottenere la propria vendetta alle volte porta a nulla o poco più, se non planetari inseguimenti con annesse costellazioni di proiettili ed esplosioni a sancire che tutto avviene in modo spettacolare. Il 22° film di 007 diventa per la prima volta una specie di sequel, Quantum of Solace, che non viene spiegato nella pellicola, è infatti il proseguio esatto di Casino Royale e per certi versi ne sancisce la maestosità. Oltre alla fama impressa nelle cicatrici di Daniel Craig.
Marc Foster, regista ricercato e capace, gira con mestizia e con grande limpidezza nelle immagini, puntando sull’uso serrato del montaggio che accentua l’immagine di un James Bond collerico a caccia di vendetta per l’organizzazione criminale che ha causato la morte dell’amata Vesper. Set intercontinentali e grandissime sequenze d’azione, su tutte l’intro nelle colline senesi (Alfa Romeo contro Aston Martin) e la conseguente caccia all’uomo sopra i tetti della città, fanno da sfondo alle imprese dell’agente segreto britannico, colui che sceglie la via di un’emotività celata nello sguardo gelido del suo protagonista. Ripetiamo senza problemi che James Bond in versione originale assume le fattezze sue o quelle di Sean Connery, nessun altro ad insidiarli nel mezzo. Il film è vissuto come una steadycam montata sul completo Armani dell’agente, a cui non frega cosa beve, ma solo raggiungere i suoi fini con ogni mezzo e far piazza pulita. Detta così sembra semplice, ma la storia ogni tanto si lascia seguire con difficoltà nonostante affascini secondo dopo secondo, arrancando alle spalle di Craig in trasferta boliviana. Ambientato sullo sfondo di uno scenario politico contemporaneo, il film sceneggiato da Paul Haggis dopo lo sciopero dello scorso anno, alterna momenti di realistica avventura ad altri di raffinato dramma, al fine di modernizzare la figura spionistica più celebre nella storia del cinema. Sullo sfondo ecco aleggiare richiami alle sequenze classiche della saga, in cui quasi automaticamente si innestano le figure femminili, qui coi volti dell’elegante Gemma Arterton (come Caterina Murino, pochi minuti, sesso e morte) e della divina Olga Kurylenko, tanto brava quanto monoespressiva.
Foster punta forte sulla maestosità delle scene che gira e sul talento acrobatico del proprio ammaccato interprete, nascondendo alla vista attimi inutili alla narrazione, scaricati come corpi morti nei cassonetti, ma esaltando alcune sequenze già stracult nel circuito underground dei fan di 007 (vedesi l’anziana “indigena” toscana a cui cade il cesto della spesa). Quantum of Solace è anche questo, mescolanza di generi al fine di raccontare un percorso di sofferenza e redenzione attraverso la vendetta. Mentre ce lo godiamo, sorseggiando qualcosa di simile ad un martini shakerato, aspettiamo quindi un terzo capitolo che sia la degna “conclusione” dell’iniziazione bondiana.