Per chiunque ami una bella carrozzeria
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L’iniezione potenziata delle auto è come un’endovena di adrenalina che fa pompare il cuore al massimo. Un rombo meccanico che funziona se vengono montate solo parti originali sebbene poi truccate, lamiere scintillanti e pneumatici lucidissimi: macchine curate in ogni singolo dettaglio, auto da dieci secondi. In questo modo si ama ogni tipo di carrozzeria.
A nostro avviso dovrebbe essere stato presentato così il soggetto scritto da Chris Morgan per Fast & Furious, nuovo capitolo, ma oggettivamente il secondo, della saga dedicata ai motori rombanti. E quando la produzione ha accettato di portare sullo schermo il progetto è partita la caccia al cast originale, senza il quale il film non è nulla, proprio come un’auto senza i suoi pistoni.
Vin Diesel torna ad interpretare il fuggiasco Dominic Toretto, Paul Walker l’agente dell’FBI infiltrato Brian O’Conner, il parco macchine e il parco donne rimasto invariato, sugli scudi la Dodge Charger del 1970 e Jordan Brewster in coppia con la diva action Michelle Rodriguez. Costretti ad affrontare lo stesso nemico, Dom e Brian dovranno puntellare i loro ruoli in una nuova collaudata alleanza, al fine di ottenere ciascuno l’obiettivo a cui ambisce. Per essere un sequel Fast & Furious è azione allo stato puro, un film, senza pretese di magnificenza, degno esemplare del genere adrenalinico, che prosegue perfettamente quello che è l’idea di velocità e furia impressa dagli autori in questo quarto episodio.
Dopo il Giappone la saga approda negli States e Justin Lin si conferma regista capace, posizionando l’occhio della telecamera sul cofano e riprendendo l’azione come se guidasse un videogioco o riprendesse Speed Racer, alternando sapientemente momenti di pathos (come il folgorante inizio che da solo vale il prezzo del biglietto), a momenti più fisici ed emotivi, ben innestati nella sceneggiatura. Niente cambio sequenziale, solo una raffica di accelerazioni e drift che contraddistinguono gli inseguimenti da film e le corse fuorilegge nelle highway made in USA.
Tra Messico, Repubblica Dominicana e Los Angeles, la troupe si è mossa molto e la Universal non ha badato a spese per portare sullo schermo la vita sfrenata delle gang da strada, un plot incentrato sul conflitto tra legge e cartelli della droga, in cui i protagonisti s’inseriscono sfrecciando sulle loro auto a nitrogeno, per inseguire il loro personalissimo concetto di giustizia.
Così facendo regalano allo spettatore quell’iniezione di energia necessaria a rimanere incollati sulla poltrona, mentre si stringe il bracciolo cercando di cambiare marcia al bolide di turno, che sia una Nissan Skyline GTR o una Plymouth Roadrunner del ’70 non fa molta differenza.
Altro che cinema in 3D, questa è vera simulazione di gara.