McGuigan racconta l'evoluzione dei superpoteri
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Telecinesi, chiaroveggenza e ultrasuoni. Nell’immaginifico mondo creato da David Bourla, ci voleva un talento visionario per rendere cinematografica una storia complessa e ad alto tasso di spettacolarità e suspence.
E Paul McGuigan risulta il regista perfetto per lo scopo, adatto a far vibrare ogni fotogramma del suo ultimo lavoro, Push, thriller fantascientifico dagli scenari che richiamano i grandi classici di genere (vedi Brazil del geniale Gilliam) in ogni singolo movimento di macchina.
Adrenalina e riflessione, poco tempo per pensare e per agire sono gli ingredienti che fanno del film, palesemente il primo capitolo di una saga neo futurista, un riuscito mix di differenti elementi narrativi. Fantasy, action, dramma e spystory, un unico blocco di sequenze dal montaggio meno forsennato del previsto, che aggiunge quel tocco d’autore a una pellicola dal notevole budget, girata interamente ad Hong Kong.
In un presente attualissimo, vivono “tra noi” uomini e donne dai poteri straordinari, usati come armi improprie o da difesa in quanto mover (spostano gli oggetti col pensiero e l’imposizione delle mani), watcher (veggenti che interpretano la continua evoluzione del futuro non scritto), o pusher (i più pericolosi, controllano la mente altrui e “spingono” ad agire senza la propria volontà), oltre a molti altri.
L’incontro fortuito tra un’adolescente-veggente, un telecinetico di seconda generazione e la sua misteriosa ex ragazza Kira, metterà in allerta un fantomatico ente governativo chiamato Division, il quale inizierà a dar loro la caccia. Accostare un regista-autore come McGuigan a un film sci-fi definito come thriller psichico significa andare incontro ad una visione meno blockbusteriana del termine, ma più accurata e nello specifico anche meno banale.
Il che non sempre si traduce in un prodotto di alto livello, ma almeno si ha la garanzia del lavoro intenso fatto alle spalle per portarlo sullo schermo, una storia tanto complicata quanto lontana dall’esser rivelata per intero nel suo “episodio pilota”. Perché “Push” è un ibrido non del tutto riuscito, un film dal suggestivo impianto sceneggiativo che regge lungo tutto il suo percorso, finché non perde di efficacia quando svela il suo finale aperto. L’onda cavalcata dagli Studios per raggranellare più incassi, sta un po’ cominciando a mostrare la corda.
Nonostante questo, la regia, fluida e sapiente, accompagna appassionatamente l’evolvere dei tre protagonisti (Chris Evans, Camille Belle e Dakota Fanning) e del loro villain (Djimon Hounsou) tra le strade della megalopoli cinese, vagamente somigliante a quella del Nirvana di Salvatores.
Tolta la sua brevità, eccessiva per un racconto che avrebbe molto di più da rivelare (e lo farà sei il box office sarà magnanimo), Push si fa seguire con entusiasmo, s’insinua nella testa dello spettatore e proprio come una droga lo spinge a chiedersi come sia vivere da normale in mezzo ai super, come sia possibile rimanere umani in una realtà fatta di soprannaturale.
Ma anche come sia possibile non voler tornare al cinema per vedere l’esito di quest’incredibile vicenda, insomma un lancio pubblicitario in piena regola che vista la crisi globale potrebbe però avere un effetto boomerang sulla stessa produzione.
Un film di Paul McGuigan. Con Chris Evans, Dakota Fanning, Camilla Belle, Cliff Curtis, Djimon Hounsou. «continuaAzione, durata 111 min. – USA 2009. – Eagle Pictures data uscita 27/03/2009.