STORDENTE E CONFUSO ACTION D’AUTORE
Realtà virtuale, controllo della mente e simulazione di guerra. Sono tre contenitori sceneggiativi da cui poter attingere senza sosta, incarnano appieno un genere fracassone e psichedelico che associato all’evoluzione digitale del mezzo cinematografico crea proseliti di fan, ma anche grandi detrattori.
Gamer è perfettamente inserito in questo contesto, ipersonico, roboante, dotato di un solo canovaccio sceneggiativo da cui partire e che la (schizzatissima) coppia di registi Neveldine&Taylor lanciano a velocità folle sulla tela del grande schermo.
In un preciso momento tra qualche anno da adesso, Gerard Butler è John “Kable” Tillman, personaggio arrivato alla quart’ultima gara di Slayer, reality game inventato da Michael C.Hall (in arte Dexter), in cui i giocatori-slayers vengono “indossati” cerebralmente da un’internauta casalingo, grazie ad un complicato impianto di manipolazione neurale. Butler combatte per la libertà, essendo detenuto nel braccio della morte, e al 30° round vinto potrebbe ottenere il perdono e quindi riprendere in mano la sua vita.
Semplice metterla in questo modo, molto meno fruirla per un’ora e mezza di pura adrenalina e dialoghi al limite del cinema muto, Gamer è una pellicola dal montaggio sfrenato e logorante, che non porta nulla di nuovo nel panorama cinematografico internazionale, salvo alcune sequenze d’impatto inventivo davvero cult, che emergono tra un raffica di mitragliatori e l’altra.
Lo spettatore colpito da luci, suoni e immagini si aliena sulla poltrona riuscendo poco a decifrare il messaggio adrenalinico (e moralistico) che gli si vuole propinare, rimanendo stordito dalle troppe virate su toni drammatici e a tratti grotesque. Un futuro coloratissimo, splatter e cyberpunk, in cui vivere significa infrangere ogni regola e perdere l’ultimo baluardo di umanità che ci resta: il raziocinio.
Nel caso specifico, a parte qualche godibile momento di gioiosa cattiveria, sui titoli di coda resta poco più che il ronzio nelle orecchie, il bene trionfa, la confusione regna sovrana.
Simone Bracci