A 95 ANNI IL GRANDE CINEASTA DECIDE DI CALARE IL SIPARIO
“Solo gli stronzi muoiono”. Parole di Mario Monicelli, che la scorsa notte si è gettato dalla finestra del quinto piano dell’ospedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato a causa di un grave male.
Solo gli stronzi, non i grandi. I grandi restano per sempre nella memoria e la loro presenza continua a farsi sentire.
Sarà senz’altro così per lui, grande e indiscusso maestro del cinema italiano. Monicelli, classe 1915, ha percorso con le sue opere e con il suo talento interi decenni di cinema e cultura, regalando al nostro Paese quel quid in più, così raro da trovare ai tempi d’oggi. Impossibile riassumere in poche righe la grandezza della sua carriera, citare tutti i suoi lavori, ricordare le più belle scene dei suoi film. Era il 1934 quando Monicelli iniziò a girare il film muto I ragazzi della via Paal, dando così inizio alla sua brillante carriera, durante la quale ha avuto la possibilità di collaborare e lavorare con numerosissimi personaggi di spicco del panorama culturale italiano. Un esempio? Steno, con cui lavora a una serie di film realizzati per Totò, tra cui spicca – uno per tutti – l’indimenticabile Guardie e ladri (1951). E ancora, Alberto Sordi, Vittorio Gassman, Vittorio De Sica, Aldo Fabrizi, Ugo Tognazzi, Marcello Mastroianni, Anna Magnani, Gigi Proietti, Stefania Sandrelli. Per citarne solo alcuni.
Una parte della sua brillante carriera si può ricostruire attraverso i numerosi premi e riconoscimenti che Monicelli ha collezionato in numerosi festival italiani e internazionali. Nel 1959, ad esempio, si aggiudica il Leone d’oro per il miglior film al Festival di Venezia, con La grande guerra (tornerà a essere premiato al Festival di Venezia nel 1985 e nel 1991, rispettivamente col Premio Pietro Bianchi e il Leone d’oro alla carriera). Per tre volte si aggiudica il premio come miglior regista al Festival di Berlino: nel 1957 con Padri e Figli, nel 1976 con Caro Michele, nel 1982 con Il Marchese del Grillo. Sempre per la regia, si aggiudica numerosi David di Donatello, coi film Amici miei (1976), Un borghese piccolo piccolo (1977), Speriamo che sia femmina (1986), Il male oscuro (1990).
Ma Mario Monicelli non è solo regista, è anche scrittore e sceneggiatore di successo. Fu così che, nell’ ’86, il suo Speriamo che sia femmina gli valse anche il Premio per la Migliore Sceneggiatura ai David di Donatello. E, sempre come sceneggiatore, ha collezionato alcuni prestigiosi Nastri d’Argento, con pellicole quali I soliti ignoti (1959), Un borghese piccolo piccolo, Il Marchese del Grillo.
Che dire poi di tutti quei film che, pur non avendogli dato alcun premio o riconoscimento, sono ormai entrati nel firmamento delle opere d’arte cinematografiche? È il caso, ad esempio, dell’ Armata Brancaleone (1966), indimenticabile commedia d’ambientazione storica.
È proprio con una battuta tratta dalla pellicola che vogliamo ricordare e salutare Mario Monicelli, ringraziandolo di cuore per il contributo dato al nostro cinema: “Amiamo e perdoniamo nell’ora del trapasso!”.
Silvestro Capurso