La donna che canta: recensione

VILLENEUVE GENERA UN THRILLER RETRÒ CHE AVVINCE E CONVINCE

Due gemelli alla morte della madre scoprono che il loro padre è ancora vivo e in più esiste un loro fratello. I due vanno nella fantomatica città di Daresh, scoprendo una realtà che non immaginavano così amara…Il semisconosciuto regista canadese Denis Villeneuve ha fatto molto parlare di sé a Venezia con questo suo quarto lavoro. Si ha l’impressione, durante la visione, che Villeneuve abbia divorato quanto più cinema possibile, perché nel suo film c’è tutto: dall’ironia feroce di alcuni titoli statunitensi indipendenti, al film mediorientale, da Makhmalbaf fino al thriller europeo con influenze di Agatha Christie. E in mezzo c’è perfino la tragedia greca! Con tutti questi ingredienti il rischio era un minestrone indigeribile, ma il regista è riuscito a fare il miracolo, perché nella ricerca dei due protagonisti prevale l’elemento thriller che lascia sul filo del rasoio lo spettatore. L’unione di due diversi binari narrativi -il presente dei gemelli e il passato della madre- rende il tutto più affascinante e non si ha mai l’impressione che l’uno interferisca con l’altro. Basta ricordare poi due scene per vedere come Villeneuve eviti la retorica e sappia sfruttare una propria marca stilistica, senza essere troppo pretenzioso: la sequenza in autobus, destabilizzante e senza musica, e la sequenza della gravidanza della madre, ovvero come ridurre 9 mesi in tre o quattro inquadrature basilari. Belle le musiche originali con l’aggiunta di due classici del decennio passato come “You and Whose Army?”-che si sente in due scene chiavi del film- e “Like Spinning Plates” tratte da “Amnesiac” dei Radiohead. Un cast particolarmente ispirato e sopra le righe e un colpo di scena fulminante rendono Incendies una delle perle della stagione. Da non perdere.

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