Dogtooth: l’ultimo cult movie greco

IL TERRORE VIENE DALLA GRECIA E SI METTE IN POLE PER L’OSCAR

La notte degli Oscar è sempre più vicina e per il film straniero si annuncia la possibile vittoria del film della Bier “In un mondo migliore”. Tuttavia bisogna aggiungere che questa categoria è stata protagonista di alcune sorprese: 2 anni fa si dava per favorito “Valzer con Bashir”, ma vinse il bellissimo “Departures”; l’anno scorso tutti davano come sicuro vincitore “Il nastro bianco” di Haneke e alla fine vinse un titolo ‘classico’ come “Il segreto dei suoi occhi”, thriller appassionante, ma anche un po’ televisivo, che negli ultimi mesi è stato un po’ sopravvalutato da critica e pubblico.

Quest’anno gli altri candidati per Miglior film straniero sono: “Hors la loi”, film franco-algerino di Houchareb, “Biutiful” di Inarritu, “Incendies – La donna che canta” di Villeneuve e “Dogtooth – Kynodontas” di Lanthimos, film greco che si sta guadagnando in vari siti e forum di cinefili il titolo di ‘cult-movie’.

Sia chiaro: io ho amato Biutiful e Incendies e sarei contentissimo se uno di questi due titoli potesse vincere. “Dogtooth” è però una spanna sopra ad entrambi i titoli citati.

Passato a Cannes nella sezione “Un certain regard” il film è stato accolto calorosamente, ma nessuna casa di produzione italiana si è presa la briga di acquistare i diritti di distribuzione del film.

Quando ho sentito gli aggettivi ‘scioccante’, ‘angosciante’ e ‘difficile’ associati a questo film ho cercato di recuperare questo film attraverso ‘altre vie’ e, una volta visto, ne sono rimasto profondamente inquietato. “Dogtooth” in poche parole è la storia di due genitori che non lasciano mai uscire di casa i loro figli ventenni, due femmine e un maschio, dicendo che conquisteranno l’agognata autonomia solo quando cascherà a ciascuno di loro il canino –‘dogtooth’ in inglese-.

C’è chi l’ha definito un ‘horror psicologico’ e di horror c’è sicuramente l’elemento claustrofobico, ma il film sfugge da una facile classificazione in generi. Con uno stile che ricorda i film di Haneke e poco altro, la pellicola di Lanthimos è originale e appassionante ed è scritta in modo sapiente e arguto, con sequenze che tengono lo spettatore sul filo del rasoio. Il film è anche recitato benissimo ed è un dovere ricordare il personaggio del padre che con i suoi sbalzi d’umore, da tranquillo lavoratore a un sadico psicopatico, ricorda a tratti il Jack Torrance interpretato da Nicholson di “Shining”.

Le musiche sono ridotte all’osso, ma il film contiene una scena musicale molto inquietante, anch’essa difficile da dimenticare, una ‘danza macabra’ che sottolinea lo stato di alienazione e di completa sottomissione dei tre fratelli ai loro genitori.

Certamente un titolo per stomaci forti ed è già strano il fatto che sia riuscito a entrare nella cinquina dell’Academy. Ma se vincesse, c’è veramente da sperare in un’ uscita italiana del film nelle sale.

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