BUONE LE INTENZIONI, MA A TOGNAZZI MANCA L’ARDORE
Ricky Tognazzi torna dietro la macchina da presa, confrontandosi con il difficile tema dell’integrazione. Tratto dall’omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo “Il padre e lo straniero” racconta la storia di Diego, un uomo deluso e carico di rancore, che conosce un uomo siriano, Walid, padre di un figlio handicappato. Questa strana, quanto misteriosa amicizia porterà Diego, interpretato da Alessandro Gassman, a riavvicinarsi alla propria famiglia.
Tognazzi, dopo aver commosso con “Io no?” e convinto pubblico e critica con “Canone Inverso”, non convince del tutto. Forse il problema più che a livello di regia, lo si riscontra nella storia. Proporre al cinema uno scrittore come De Cataldo, che ha curato il soggetto della pellicola, non è impresa semplice. Bisognerebbe quasi rassegnarsi all’idea che i romanzi non possono trovare uno sfogo naturale al cinema.
Già perché nonostante la buona regia e l’ottima recitazione, “Il padre e lo straniero” non coinvolge lo spettatore, lasciandolo freddo ed indifferente alle vicende che scorrono fotogramma dopo fotogramma.
La commedia sentimentale, che riempie la prima parte del film, finisce per abbandonarsi con la scelta scellerata di risolvere il tutto in un action spionistico, che rende il film equiparabile alla peggior fiction televisiva italiana di genere.
Alla fine si ha proprio l’impressione di aver visto un documentario all’inizio per poi aver pagato il biglietto per un thriller, che alla fine non è nemmeno ben strutturato.
“Il padre e lo straniero” è forse troppo. Poteva essere un buon prodotto, ma la voglia di addentrarsi in tanti temi, che forse era meglio lasciar perdere, lo rende il solito film italiano: interessante, ma non memorabile!