Sono il numero quattro: recensione

ALTRA COCENTE DELUSIONE DEL GENERE FANTASCIENTIFICO

Un extraterrestre arrivato sul nostro pianeta in sembianze umane fa parte di quei nove sopravvissuti che vengono cercati e uccisi dai Mogadore (!), gli alieni cattivi. Dopo la morte dei primi tre, lui, il numero quattro, è il prossimo a rischio di vita, ma comincia ad avere alcuni super-poteri e ad avere le sue prime pulsioni umane, tra cui l’innamoramento.

Detta così, la trama del film sembra ricordare una di quelle serie televisive per ragazzi che trasmettevano di pomeriggio su Italia 1. Ma prima di lanciarci in sproloqui, andiamo a vedere i nomi dietro quest’operazione. Il regista è DJ Caruso, quello di “Disturbia”, un modesto thriller per ragazzi che sapeva dare qualche brivido, anche se puntava all’emulazione del classico di Hitchcock “La finestra sul cortile”. Il produttore è Michael Bay che nei suoi film si diverte a far lottare tra loro robot alti come un grattacielo nel mezzo di quante più esplosioni possibili. L’attore è invece il misconosciuto Alex Pettyfer, reduce da “Alex Rider: Stormbreaker” e che presto vedremo sullo schermo nell’ennesimo remake de “La bella e la bestia”, “Beastly”. Il modello a cui gli sceneggiatori puntano è l’eroe adolescente di “Spiderman” in un ambiente fantascientifico. Ma il film intrattiene? Assolutamente no.

Gli effetti speciali sono ben realizzati, ma la sceneggiatura è così piena di buchi che uno spettatore intelligente non puo’ non farci caso: prima domanda che sorge assistendo al film è questa “Perché i Mogadore vogliono uccidere i nove giovani sopravvissuti?”. Chi assisterà alla visione ponendosi questo quesito, non avrà alcuna risposta.

E non è l’unico problema. Tutti gli attori sono incapaci di dare la giusta intensità ai personaggi che interpretano, ad eccezione del cane che è probabilmente il personaggio meglio caratterizzato della pellicola (…). I cattivi poi sono presentati come dei pelati tatuati e vestiti di nero, con i denti da vampiro, ma non appaiono per niente minacciosi o spaventosi, anzi più volte rischiano di cadere nel ridicolo, come nella scena totalmente gratuita in cui uno di loro spaventa un bambino mostrandogli le fauci e subito dopo si mette a ridere.

All’inizio per i più attenti alla scena musicale c’è un momento di grande respiro –probabilmente l’unico del film- con l’inserimento nella colonna sonora di un brano dei Black Keys, probabilmente uno dei migliori gruppi rock della scena statunitense. Anche i personaggi femminili sono scritti con l’accetta, anche se hanno una bella presenza: parlo di Dianna Agron, protagonista della serie “Glee”, e Teresa Palmer, già apparsa ne “L’apprendista stregone”, altro kolossal modesto, ma che rispetto a questo pare Dreyer.

Per concludere come voto al film non mi sento di dare più del numero segnalato nel titolo: dopo il recente “Skyline”, un’altra delusione nel genere fantascientifico.

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