Universo disney: la bella e la bestia

METAFORA DELLA BELLEZZA INTERIORE, RIMANE TUTT’OGGI UN CAPOLAVORO (di Simone Leonardi)

Ispirata alla celebre favola di… rivisita la celebre versione cinematografica degli anni… vincitrice del premio Oscar per… è stato detto già tutto sul film Disney “La Bella e la Bestia”, (da qui in poi B&B) tanto che cominciare con le solite premesse mi pare noioso. Più doveroso, forse, è chiedersi perché, dopo tanti anni, questa storia continua a riscuotere tanto consenso. Voglio dire: il film è uscito al cinema, in dvd in almeno un paio di edizioni, Broadway ne ha fatto un musical che mezzo mondo ha guardato e che è ancora oggi nei nostri teatri, eppure c’è ancora la voglia di confrontarsi con il mondo di Belle. E della Bestia (che ad oggi ancora nessuno sa come si chiama).

Il film Disney ha in effetti il merito di godere dell’intreccio perfetto di Linda Woolverton e di invenzioni non presenti nella fiaba originale di Beaumont , quali suppellettili parlanti di vario genere, solo a titolo d’esempio, che tanto solleticano il nostro subconscio alla ricerca di gioco. Ma quale idea forte si nasconde dietro snodi tanto sapienti e personaggi come quel bellimbusto di Gaston?

Che qui ci sia in ballo una metafora ce ne siamo accorti tutti: la vera bellezza si trova nel cuore. Basta? Tutto qui? Possibile che la schiera di persone che ha lavorato a questo progetto colossale non abbia attinto da un pozzo di risorse comuni, magari anche “sub limen”?

È vero, in una varietà così estesa di maschere e gag, forse ognuno può vederci quello che vuole. Ma sareste capaci di articolare la vostra tesi iscrivendola nella storia? Io ci provo, giudicate voi se riesco nell’intento.

Nel mio peregrinare di sito in sito alla ricerca di quello che non so, mi sono imbattuto in una pagina in inglese che classificava B&B come favola sessuale. “Nientemeno?” direte voi. “A buon diritto” direi io. I riferimenti alla sessualità sono frequenti e ne ravviso a mia volta nella mia teoria (calmi: tra qualche riga la espongo).

Più nello specifico, secondo questo sito vattelapesk.com, B&B sarebbe una metafora, udite udite, dell’epidemia di AIDS che interessò gli Usa nei primi anni ’90, espressione di un’ ansia che infiammò vari settori dell’intrattenimento; uno per tutti il teatro musicale (si pensi a “Rent”, di J. Larson, rivisitazione rock della Bohème dove Mimì, invece della tisi, ha il virus dei virus). La Bestia è il malato; la rosa rossa come il sangue si spetala e perde vigore così come un corpo che muore; Gaston si richiama alle vignette omoerotiche di Touko Laaksonen, meglio conosciuto come Tom of Finland, e rappresenta la promiscuità; il popolo che inneggia a suon di “a morte la bestia” rievoca episodi di protesta di alcune comunità contro i bambini figli di malati di Aids, che dovevano lasciare la scuola.

Ma questo volo è davvero un po’ troppo pindarico per i miei gusti. Il mio pensiero è un po’ più affine a un Ryanair, semplice, a buon mercato ma comunque utile.

Se vi dicessi, dunque, che B&B è una metafora bella e buona del matrimonio nella molteplice varietà di aspetti che l’istituzione evoca? Partiamo da come la Disney ce la racconta.

Una fata fa visita ad un principe in una notte d’inverno e, come punizione per l’ospitalità negata, lo tramuta in bestia. Non lontano c’è un libraio che foraggia l’intelletto di una certa fanciulla di paese di nome Belle a suon di letture fantastiche. Ora, chiamatemi pazzo, ma io vedo un legame sotterraneo tra la fata e il libraio. “Fata” o “Fato” hanno entrambi la radice del verbo PHEMI (dire, raccontare); e cosa fanno a loro volta i libri se non raccontare? Mi piace pensare che in effetti questi due siano la stessa persona, un emissario della Sorte che ha il compito di “narrare la storia di due vite”, di intrecciare i sentieri di individui apparentemente distanti (l’uno è un nobile, l’altra è la figlia di un inventore –un mercante, nella fiaba originale) ma, a ben guardare, necessari l’uno all’altra. Questo è il primo assunto: due persone si incontrano perché il Destino ci ha messo lo zampino. Visione romantica ma condivisibile, mi pare. Non vi ho convinto? Andiamo avanti.

Belle ha un pretendente, Gaston, bellimbusto cacciatore che le chiede la mano ma viene rifiutato. È facile spiegare il rifiuto per la vanagloria del soggetto che poco attira una sognatrice idealista come Belle ma ad un secondo sguardo noteremo anche che Gaston, sicuro del fatto proprio, porge la domanda di matrimonio direttamente alla fanciulla “senza passare dal padre”, infrangendo così un codice risaputamente in voga già da molto prima del ‘700, epoca in cui la vicenda presumibilmente si svolge, e rimasto in auge, in realtà, fino agli anni ’50.

Ecco allora che Maurice, il papà di Belle, a cavallo della sua invenzione, va in cerca di fortuna e si imbatte, dopo aver smarcato i lupi nella foresta (sul cui significato torneremo dopo), nel castello della Bestia.

L’invenzione di Maurice è chiaramente la “dote” e il castello rappresenta uno status. Un buon padre sceglie il pretendente ideale in un ambiente più altolocato e sa già che dovrà presentare delle garanzie.

Una volta avvenuto l’incontro, la Bestia tiene l’uomo in ostaggio nelle segrete del suo castello fino a che la figlia non lo raggiunga per salvarlo. È interessante notare come Belle riesca a giungere al castello senza imbattersi nei lupi pur facendo verosimilmente lo stesso percorso del padre. Potrebbero esserci varie spiegazioni ma che ne direste se vi dicessi che ad un livello subliminale la storia ci dice che si è più protetti se si segue un sentiero di virtù tracciato dalla saggezza del genitore che sperimenta per noi e prima di noi le insidie del mondo esterno?

Ebbene, Belle giunge al castello sana e salva e, scovato il padre chiuso in una gabbia, chiede al padrone del castello di liberarlo. Ed eccoci giunti al punto cruciale: la Bestia chiede a Belle, in cambio della libertà del padre, di rimanere con lui per sempre.

Ecco il giuramento.

L’intercessione è servita, lo scambio avviene. E proprio in questo momento Belle chiede alla Bestia, rimasta in penombra fino a quel momento, di farsi vedere sotto la luce.

La visione del “mostro” fa paura a Belle che, nonostante questo, accetta di rimanere. Fuor di metafora la fanciulla ha paura del sesso, della prima notte di nozze in cui perderà l’innocenza ma sa che il processo è più che naturale e il suo assenso dimostra che ne sente forse un bisogno che definirei fisiologico.

Addentrandoci ancora di più in questa dinamica dei sessi, vediamo come la Bestia offra a Belle di poter dormire in una stanza da letto, piuttosto che rimanere nella prigione dove era rinchiuso il padre.

La prigione rappresenta in effetti quel “limbo” impenetrabile dove la fanciulla non può essere ancora oggetto di desiderio, dove è, per così dire, figlia, non ancora moglie. Non è un caso che Belle sia vestita, in questa prima parte della storia, di azzurro, colore ibrido, con un grembiulino bianco, come una scolaretta, scevra da qualunque connotato sessuale.

Belle accetta di poter dormire in camera da letto. In cambio la Bestia le ordina di cenare insieme. La cena è ancora una volta un elemento immancabile del rito matrimoniale. Si pensi al banchetto di nozze, fase preliminare di un corteggiamento codificato che porta ad un altro rito: quello del concepimento.

Nel tragitto dalle segrete alle stanze, a Belle è stato proibito di entrare nell’Ala Ovest, un’area del castello assolutamente proibita a chiunque e dove, protetta da una campana di vetro, sfiorisce la rosa data al principe dalla fata per scandire il tempo fino ai suoi ventun’anni, limite ultimo per innamorarsi, farsi amare a propria volta e rompere l’incantesimo.

Belle si rifiuta dapprima di scendere per la cena ma l’ “appetito” la porta ad uscire dalla stanza. Inutile dire che in questa cornice l’ “appetito” ha buon diritto d’esser scritto tra virgolette.

In seguito alla famosa “Be our guest” che rappresenta tutto quanto di piacevole ci può essere nella convivenza e nella vita a due (famiglia, accoglienza, festa e nutrimento – dell’anima-), Belle è portata dal caso, ancora una volta, ad interrogarsi su cosa nasconda l’area proibita.

E anche noi ci siamo interrogati su questo. L’ala Ovest rappresenta la camera padronale, dove il signore dorme e lascia incustodito il suo bene più grande: la rosa. Cos’è, finalmente, la rosa? Da sempre simbolo di giovinezza e sessualità, si pensi alle rime di Poliziano, è in questa sede… simbolo di giovinezza e sessualità.

Così come Psiche, istigata alla curiosità dalle sorelle, approfitta del sonno di Amore per scoprire le lenzuola e guardarlo nella sua interezza al punto di venirne folgorata, Belle, nel cuore della notte, si intrufola nell’area proibita e sfiora la punta della rosa che appare al tatto vivida, pulsante, color carne. Sì, signori. Esattamente come pensate. E nel momento in cui la fanciulla compie questo atto audace la Bestia si rivela in tutta la sua animalità tanto da strapparle la veste. Vi si schiariscono le idee? Questo brutale approccio induce la ragazza alla fuga. Ma la libertà è una strada senza ritorno.

Una volta uscita dal maniero Belle si ritrova sola nella foresta in mezzo ai lupi. La foresta da sempre è considerato il passaggio dall’età della fanciullezza all’età adulta e già in un’altra storia incontriamo una fanciullina che viene messa in guardia dall’attraversarla. Aveva un cappuccio rosso, vi dice nulla?

Non si può non crescere. A costo di affrontare i lupi.

I lupi sono anch’essi bestie. Ma a differenza della Bestia con la “B” maiuscola non hanno alcun connotato umano. In altre parole rappresentano un gruppo di avventori famelici che vorrebbero approfittarsi della donna solo fisicamente, mentre il nostro ha dalla sua il fatto di essere un principe. Ancora mostruoso, pur sempre principe.

FINE PRIMA PARTE

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