I TAGLI DEL GOVERNO INGUAINO GLI STUDI: DOPOTUTTO CHI SE NE FREGA
Qui a Roma avremo le luci accese per la Notte Bianca, ma anche le luci spente per Cinecittà. Non sono bastate proteste e sit-in, la politica taglia i fondi e Cinecittà rischia di rimanere al buio. È tollerabile? Riflettiamoci un secondo, mancano i fondi e le prime cose a saltare sono quelle ritenute superflue, noi, Stato Italiano, riteniamo dunque superfluo il settore della cultura, da cui si genera arte, cinema, moda. Gran parte del nostro made in Italy insomma, senza il quale continueremmo a colare a picco più di quanto non stiamo già facendo. Inevitabile e non circoscritta, la situazione sta degenerando in maniera incontrollabile, specie dove l’ingegno è meno salvaguardato rispetto alla necessaria manualità: in poche parole non sappiamo dove pescar moneta. Mentre party e bunga bunga piacciono tanto, mentre la Marcuzzi e le sue gambe storte fanno record di ascolti, il più grande polo della cinematografia internazionale del dopoguerra, già da tempo utilizzato come raccolta di rifiuti scenici e pseudo set televisivi, sta per chiudere. Fine dell’avventura, end of story, ciao ciao.
L’allarme è stato lanciato dall’associazione “100autori” e riproposto dall’amministratore delegato della società, Luciano Sovena. Anche Benigni ha espresso profonda preoccupazione riguardo al nostro ex gioiello, pietra miliare di un’Industria che fu all’avanguardia e adesso si ritrova con le pezze dappertutto, ad elemosinare il vecchio DeNiro per Sanremo (sic..!), a produrre storie trite e ritrite sui malesseri delle varie età di passaggio, a farsi la guerra tra poveri per un tozzo di pane sceneggiativo. Tornando al Medioevo appunto, come in “Amici miei: come tutto ebbe inizio”!
Il malessere è prima nella testa, cari miei, la non consapevolezza nel proprio potenziale, idee e progetti sono quelli che mancano, investiamo soldi su altro e non sulla scrittura dei film, che quindi hanno successo solo nella misura in cui fanno ridere allontanandoci dalla realtà.
Non siamo andati oltre la scuola di Pastrone, che già nel 1914 aveva raggiunto l’apice del suo talento. Si parla appunto della perdita della valorizzazione di nuovi progetti in un ambiente che puzza di stantio, la cui chiusura ora desta scalpore e un briciolo di malinconia, ma che finora non ha smosso una singola anima parlamentare. Perché è vero, anche io da buon maleducato sono indignato da tale scempio, rattristato nel veder affogare un polo cinematografico così importante nella nostra storia, ma ho ancora sotto gli occhi il degrado degli studios durante un tour illustrativo. Cinecittà non esiste più e con essa la sua visione romantica del cinema felliniano, scarsa è la volontà di rialzare la testa e salvare il recuperabile. Non basta certo il magnanimo Scorsese a riverniciare una cittadella intera, per questo dico e lancio tale provocazione: se dobbiamo lavorare in questo modo, non è meglio tacere? Altrimenti la mancanza di fondi saranno sempre e solo una scusa puerile dietro cui nascondersi vigliaccamente.