MEL GIBSON RACCONTA LA VIA CRUCIS CON REALISMO SHOCKANTE
Anno 2003: Mel Gibson, il regista Mel Gibson, porta al cinema le ultime ore di vita di Gesù di Nazareth. Attesa alle stelle!
Anno 2011: “La passione di Cristo”, film di Mel Gibson con Jim Caviezel è ormai acqua passata, il clamore del 2003 è finito, anche se il film continua a far parlare di sé ogni qualvolta qualche rete televisiva (quest’anno La7) decide presentarlo al pubblico del piccolo schermo.
Dall’arresto nell’orto degli ulivi, fino alla crocifissione, Mel Gibson racconta con realismo, in una cruda rappresentazione, gli ultimi momenti terreni di Gesù Cristo. Il film ovviamente suscita scalpore per la violenza e la (quasi) compiaciuta crudeltà con cui è mostrato ogni momento del martirio terreno di un uomo, per raccontare, in una sorta di documentario storico, come si moriva al tempo dei romani.
In una produzione italo-americana, come non se ne vedevano dai tempi d’oro dei teatri di cinema di Cinecittà a Roma negli anni ’50 e ’60, Mel Gibson sceglie Jim Caviezel nella parte di Cristo, affiancandogli attori ed attrici italiane che se la cavano benissimo con le due lingue principali della pellicola: il latino e l’aramaico. Infatti non è certamente una curiosità sapere che il film è stato girato nelle lingue originali dell’epoca, ma non preoccupatevi perché ci sono i sottotitoli.
Quello che manca a “La passione di Cristo” è un ampio respiro poetico, limitato proprio dalla ferocia con cui è mostrata la via crucis. Nemmeno i pochi flashblack inseriti, che forse avrebbero dovuto avere il plauso di mostrare la quotidianità dell’uomo Gesù, e le demoniache apparizioni, interpretate magistralmente da Rosalinda Celentano, trovano una loro precisa collocazione nell’opera, evitando però di far diventare questo film una riflessione religiosa. Non è nell’intento di Gibson accusare gli ebrei o demolire le certezze della religione cattolica. È tutto talmente esasperato che si capisce che quello a cui si sta assistendo è finzione, che indugia più sull’elemento carnale, terreno che su quello morale, divino.
Il regista vuole solo raccontare una storia, che, se ci è permesso, ha in sé, dal punto di vista della drammaturgia in quanto tale, tutti gli elementi basilari di un’ottima sceneggiatura che si perpetua da secoli.