Thor: recensione film

IL PRINCIPE DI ASGARD NON CONVINCE NELLA VERSIONE DI BRANAGH

Nel fantastico regno di Asgard, Odino, il re degli Dei, dopo aver portato la pace attraverso una tregua con gli uomini ghiaccio, alleva i suoi due figli per prepararli alla successione al trono. Il primogenito Thor, un irriconoscibile Chris Hemsworth in versione culturista, affamato di gloria e di spargimento di sangue, mette a repentaglio questa tregua attaccando il mondo sotto zero del cattivo King Laufey. Punito dal padre, Thor viene spedito in esilio nientemeno che nel nostro pianeta e privato dell’arma che lo rende invincibile, il martello Mjolnir.

Senza mantello rosso e tunica regale il biondo aspirante al trono precipita attraverso un tornado in un angolo remoto e dimenticato dell’America: il New Mexico. In un paesino in cui le lancette del tempo sembrano ferme agli anni ’50, Thor si imbatte in un gruppo di ricercatori meteorologici capitanato dalla graziosa e minuta Natalie Portman. Basta il sorriso della giovane donna per redimere Thor e fargli capire che i suoi poteri devono essere usati per un fine supremo e per difendere le persone cui si vuole bene.

Riabilitato dalle gesta altruistiche per salvare gli esseri umani dall’attacco di un mostro inviato dal fratellastro Loki per ucciderlo, Thor torna ad impugnare l’amato martello e tornato in patria ne sventa il tentativo di impossessarsi del regno. Il regista Branagh, chiamato a sorpresa a dirigere un blockbuster Marvel, si muove a suo agio nelle tematiche proprie della tragedia classica: la lotta per la successione, gli intrighi di palazzo, l’amore impossibile tra due appartenenti a mondi distinti.

Nello sviluppare la parte principale del plot, quella dell’azione fantascientifica, si perde tra effetti speciali e eccessivo utilizzo della computer grafica, che riducono le scene di lotta ad una serie di caricature fumettistiche. Ma se alla fine il mondo fantastico di Asgard trova un suo senso scenico e mitico in confronto all’originale di Stan Lee, è tutto quanto accade sulla terra che appare Vedere il potente e possente Thor capitolare come un tredicenne di fronte al primo amore, folgorato dal sorriso smagliante della Portman, fa francamente sorridere. Si prevedono, per tutti i genitori costretti ad accompagnare i figli fan del fumetto, due ore di noia assoluta.

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Onnivoro cinematografico e televisivo, imdb come vangelo e la regia come alta aspirazione.
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