I baci mai dati: recensione

UNA FAVOLA ORIGINALE, LONTANA DAGLI STILEMI ITALIANI

Roberta Torre (“Tano da morire”) è una regista milanese da sempre innamorata del Sud-Italia, territorio che viene tratteggiato nella sua filmografia con toni pop, talvolta grotteschi, che ricordano lo stile ‘kitsch’ di alcune pellicole di John Waters e Russ Meyer. Anche l’ultimo suo lavoro passato all’ultimo Festival di Venezia e al Sundance fa parte di questo filone e, nonostante qualche difetto, riesce a dare allo spettatore un’esperienza cinematografica fuori dal comune. Niente di eclatante, ma 80 minuti di intrattenimento intelligente sono assicurati.

Emanuela è una ragazza di tredici anni come tante, silenziosa e con poche ambizioni, ma che conosce abbastanza bene le amarezze della vita: un giorno riceve la visita della Madonna in sogno. Diffusasi la voce nel paese, la ragazza arriva finalmente a essere al centro dell’attenzione di tutti. Ma tutto ciò è stato veramente un miracolo o un’enorme bufala?

Caratterizzato da toni fiabeschi e onirici, “I baci mai dati” racconta la storia di una crescita difficile, quella della protagonista, che vive in un paese della provincia di Catania passando perennemente inosservata tra una madre ambiziosa ed egoista, un padre che alleva i propri sogni utopici di diventare allenatore e una sorella maggiore impegnata a farsi rimorchiare in discoteca e a sniffare eroina. Una storia non facile, eppure la regista è capace di non calcare mai la mano donandoci l’immagine di un’Italia fissata con l’apparenza, dopo aver perso la fiducia in ogni istituzione esistente, dalla politica alla chiesa stessa. In questo paesaggio desolato c’è pure del tempo per l’ironia grazie al personaggio di Piera Degli Esposti, una ‘fattucchiera’ come quelle di una volta, ma anche un’abile parrucchiera che si occupa di curare le teste ‘dentro e fuori’: un personaggio stravagante capace di perdere la testa, quando la protagonista-sua dipendente diventa più celebre di lei. La Torre, capace di passare con dimestichezza da un genere all’altro (perfino all’horror, in una scena onirica che sembra uscita da un film di zombie), crea un film interessante, ma forse troppo barocco e caricato per emozionare veramente. Merita comunque la visione: non è la solita commedia all’italiana dallo stile televisivo, ma qualcosa di totalmente opposto.

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