POETICA DEI SENTIMENTI E AMORE IMPOSSIBILE: TUTTO WONG KAR-WAI
Esistono pellicole difficili da raccontare. Esistono pellicole impossibili da raccontare. Esistono pellicole per cui le parole sono solo superflue. Esistono pellicole che vanno solo viste. E questo è il caso di “In the Mood for Love”, di Wong Kar-wai, uno dei film più belli che il continente asiatico abbia regalato all’umanità. Delicato, etereo, sfuggente, “In the Mood for Love” potrebbe essere considerato a ragione un patrimonio della nostra cultura, qualcosa da salvare e da far conoscere ai posteri.
Il regista, dopo la parentesi estera con “Happy Together”, ritorna a casa, nella sua Hong Kong nell’anno 1963, per raccontare una storia d’amore impossibile tra due vicini di casa il signor Chow e la signora Chan, che hanno scoperto che i loro rispettivi coniugi sono amanti. Tra i due si instaura un sentimento d’amore che però non trova mai né un inizio né una fine. Del resto la poesia del titolo riassume, già di per sé, tutta la narrazione. Quell’ “in the mood for” – che possiamo tradurre come “avere l’animo predisposto a” – è un sentimento filosofico profondo, che il regista ha quasi sempre raccontato nei suoi film, ma che qui è elevato all’ennesima potenza. La musica, le parole e le ripetitive azioni si fondono alla perfezione, raccontando con eleganza temperata una vicenda “banale”, resa al contempo geniale.
Quello che colpisce è la differenza rispetto a tutti gli altri film del regista. Quello che si ha di fronte è un Wong Kar-wai maturo, che non deve più stupire il suo spettatore, ma può concentrarsi su una storia semplice e lineare per scandagliare i sentimenti umani e raccontare la politica cinese di quegli anni così difficili.
Per realizzare questo capolavoro, il regista, che affida l’impeccabile fotografia ancora una volta a Chrystopher Doyle, ha dovuto aspettare parecchi anni. È dovuto crescere stilisticamente e registicamente, ma soprattutto ha dovuto e saputo aspettare i suoi attori, quelli che lo hanno accompagnato fin dalle origini del suo cinema, trasformandoli in quei cigni che tutto il mondo invidia alla Cina. Tony Leung (Palma d’Oro a Cannes) e Maggie Cheung con la loro sobria fisicità trasmettono tutti i sentimenti che i loro tormentati personaggi vivono: basta uno sguardo, un gesto per mostrare un cinema fatto d’azione e con poche spiegazioni. Insomma un capolavoro da non perdere, da rivedere milioni di volte.
Curiosità: Non ci crederete ma esiste un titolo italiano anche per questo film: “Gli amanti tristi”, che però ringraziando il cielo non è mai stato utilizzato.