At the end of the day – un giorno senza fine: recensione

BUONE LE INTENZIONI, DUBBI SULLA SCENEGGIATURA

Alex, Rico, Chino, Thomas, Lara e Monica si dirigono nei boschi con dei fucili giocattolo per una partita di Soft-Air tra amici. In questo particolare gioco due squadre si confrontano alla guerra, con fucili a pallettoni. I ragazzi si dirigono in un bosco, dove fino a qualche tempo fa si svolgevano operazioni militari segrete. Quello che non sanno è che c’è ancora qualcuno in quella base, che “gioca” a torturare gli animali e che non sta aspettando altro che un gruppo di amici per divertirsi con degli esseri umani.

Questa è la trama del lungometraggio di Cosimo Alemà, regista di videoclip prestato al cinema, che dirige un cast di giovani attori emergenti internazionali con una troupe però interamente italiana. Il film si presenta all’apparenza come un thriller ed essendo un prodotto made in Italy è apprezzabile il gesto di proporre nel nostro panorama un genere diverso dalle solite commedie. Certo i problemi di fondo di “At the end of the day” non risiedono nella tecnica. C’è un’ottima regia, molto influenzata dalla carriera di Alemà, dato che risente di inquadrature e movimenti di macchina tipici dei video musicali; c’è una bellissima e coinvolgente fotografia; buono anche il montaggio e la colonna sonora.

Purtroppo non si può dire lo stesso della sceneggiatura: praticamente assente di lusso e non giustificata. Di film con protagonisti ragazzi che si recano nel bosco e trovano il “mostro” ne abbiamo visti a centinaia, ma tutti con una precisa logica, che spiega anche il più atroce dei delitti come l’omicidio. In questo lavoro invece mancano proprio le motivazioni di base (perché compiono questi delitti?): lo spettatore se lo chiede per tutta la durata della narrazione ed esce dalla sala senza che gli si dia una qualche spiegazione, che giustificherebbe un film. Buone le intenzioni, un po’ meno la realizzazione.

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