L’alba del pianeta delle scimmie: recensione

CAESAR: UNO DEI MIGLIORI PERSONAGGI VISTI DI RECENTE AL CINEMA

In molti sono rimasti sorpresi dal successo al botteghino USA del reebot di una saga che in molti credevano morta. Dopo il remake del primo film diretto da un alquanto spaesato Tim Burton voci di un secondo capitolo si erano diffuse, ma furono subito messe a tacere, finché non fu affidato al semisconosciuto Rupert Wyatt questo prequel in cui vengono narrate le origini di Caesar, la prima di quelle scimmie intelligenti che in seguito porteranno l’uomo alla schiavitù. Chi conosce la saga, sa che questo fatto è stato raccontato anche in “Conquista del pianeta delle scimmie”, ma il contesto è ben diverso e il film di Wyatt è ben più che un remake di quello sfortunato capitolo.

James Franco interpreta uno scienziato che effettua degli esperimenti sulle scimmie allo scopo di cercare il giusto farmaco per curare l’Alzheimer del padre. Una scimmia in particolare vede un notevole miglioramento delle proprie capacità cerebrali, ma viene uccisa in seguito a un incidente, mentre cercava di difendere il suo cucciolo, Caesar. Il giovane scenziato devastato dai sensi di colpa decide di allevarlo e continuare gli esperimenti su di lui, mentre la malattia del padre diventa sempre più grave. Allo stesso tempo col passare degli anni Caesar diventa più intelligente, ma anche più pericoloso.

Sembra che il film di Wyatt ambisca ad essere l’Inception di quest’anno. Pur non essendo geniale come il film di Nolan, APS è un altro caso di fantascienza intelligente che non pensa a lasciare il cervello dello spettatore in ‘stand-by’, ma offre due ore di spettacolo in cui viene richiesta la partecipazione attiva dello spettatore. Difficile trovare difetti: la messa in scena di Wyatt, tra dramma familiare, film scientifico e ‘prison movie’, è efficace, il cast in parte, le musiche di Patrick Doyle travolgenti, ma il motivo per cui questo film è riuscito è un altro. Dietro i movimenti e l’espressioni di Caesar c’è quel genio di Andy Serkis che, dopo aver dato vita a Gollum e a King Kong grazie al ‘performance capture’, riesce a dare uno spessore quasi shakespeariano al Caesar, guida dei ribelli, con cui entriamo in empatia fin dal momento in cui lo vediamo in fasce. Rimaniamo a bocca aperta soprattutto nei momenti in cui è da solo con altre scimmie e parla a gesti, ma anche quando sogna una vita diversa e guarda i bambini giocare dalla finestra della soffitta. L’umanità raffigurata da regista e sceneggiatori al contrario, escluso il ‘nucleo familiare’ costituito da James Franco, Freida Pinto e l’ottimo John Lithgow, è crudele, bestiale e pensa solo ai propri interessi. Gli umani di oggi paradossalmente agiscono come le (vecchie) scimmie. Ed è giusto un rimpiazzo.

Forse un po’ troppo cerebrale per emozionare veramente –eccetto nel finale-, “L’alba del pianeta delle scimmie” rimane un blockbuster superiore alla media e con un potenziale per la rinascita di un ‘franchise’ vecchio, ma splendidamente rimesso a lucido.

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