The mechanic – professione assassino – recensione

STATHAM TORNA A PICCHIARE E LO FA DANNATAMENTE BENE

Jason Statham è probabilmente l’ultimo degli eroi d’azione, il perfetto erede di quelle icone che dagli anni’80 a metà dei ’90 hanno dominato gli schermi, schivando pallottole, uscendo indenni da esplosioni, salvando vite e conquistando la bella di turno. Gente come Schwarzenegger, Stallone, Gibson, e chi più ne ha più ne metta. Ma gli eroi di oggi hanno un lato oscuro più difficile da nascondere, con cui devono venire più volte a patti nel corso delle loro imprese: cosa che succede anche in “Professione : Assassino”.

Arthur Bishop è uno dei migliori assassini professionisti sulla piazza. I suoi superiori lo chiamano, lui cerca l’obbiettivo, di solito un pezzo grosso, e fa’ in modo che la morte di quest’ultimo venga presa per un incidente da tutti, stampa compresa. Dopo essere stato costretto a uccidere il suo capo, scopre che è stato manipolato e insieme al nuovo partner –figlio del boss che ha ucciso- dovrà cercare di rimettere le cose a posto. Al tempo stesso deve stare attento che la sua spalla non scopra chi ha ucciso veramente suo padre.

Ricordate il regista Simon West? Aveva diretto uno dei film più trash degli ultimi vent’anni, quel Con Air che riuniva Nicholas Cage, John Cusack, John Malkovich e Steve Buscemi con una sceneggiatura ai limiti del demenziale riguardo un aeroplano di soli prigionieri pericolosissimi. Una pellicola che col passare degli anni si è guadagnata il titolo di ‘Scult’ e che fa ridere –involontariamente?- ancora adesso. Successivamente è stata la volta di “Tomb Raider”, atteso adattamento del videogioco di successo che però ha deluso molti. Ora è la volta di “The Mechanic: Professione assassino”, remake di un film anni ’70 con Charles Bronson reduce da “Il giustiziere della notte”. Che dire? L’ennesima pellicola d’azione con Statham avrà una sceneggiatura sgangherata, con notevoli forzature, e comprimari cattivissimi visti già mille volte, eppure funziona. Merito forse dell’alchimia tra Statham e la new entry Ben Foster che dopo l’amaro e sottovalutato “The messengers – Oltre le regole” si concede una vacanza nei panni del distratto partner del protagonista che solo dopo un notevole allenamento riesce a stare quasi al livello del ‘maestro’; ma è in parte anche il veterano Donald Sutherland a cui vengono concessi cinque intensi minuti.

La regia di West, nonostante le premesse, riesce a essere funzionale, alternando con solido mestiere siparietti comici, scene hot, lotte dove il sangue scorre a fiumi e sequenze da farti mangiare le unghie. Si poteva richiedere un maggior approfondimento sul passato del protagonista e su come abbia imparato a essere il Migliore, ma anche così non possiamo lamentarci.

Un film dove il ritmo è sempre incalzante- merito anche della colonna sonora di Mark Isham-, e il divertimento è assicurato, soprattutto per i nostalgici degli action anni ’80 a tutto testosterone. Le sequenze cult poi non mancano, per quello che è un altro ‘guilty pleasure’ di questa stagione…

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