L’ALBA DEL PIANETA DELLE SCIMMIE: ECCO IL PREQUEL DEL FILM CULTO DEL 1968
Se “le vie dell’Inferno sono lastricate di buone intenzioni”, come ripeteva il filosofo Karl Popper, accade che gli eroici sforzi di un chimico finiscano per mettere a rischio l’intera razza umana. Ecco cosa ci racconta l’Alba del pianeta delle scimmie, ennesimo prequel, del ben più celebre e riuscito The planet of the apes; anno 1968.
Will Rodman, alias James Franco, sperimenta nei laboratori di una casa farmaceutica di San Francisco, una cura in grado di potenziare le capacità intellettive delle scimmie-cavie. Il padre è malato di Alzheimer ed il farmaco potrebbe curarlo.Il progetto è abortito, a causa dei troppi rischi, e il dottore porta il lavoro, ossia un piccolo cucciolo di scimpanzé, a casa. Lo cresce come un bambino e, in effetti, l’animale dimostra doti superiori agli umani. Il padrone intanto s’innamora della veterinaria che lo cura e ne nasce la più classica delle storie d’amore. Il primate umanoide però non resiste al richiamo della natura, e l’istinto animale prevale sulla ragione indotta, mostrandone la vera essenza, quella del predatore.
L’uomo creatore, che si diverte a giocare il ruolo di Dio, diventa suo malgrado vittima. Lo scimpanzè Cesare, nomen omen, guida la riscossa dei suoi simili.
È lui il vero protagonista di questa storia, capace perfino di oscurare la luce del “divo” Franco, impalpabile in questa sua prova attoriale. Anche Freida Pinto, nel ruolo della veterinaria, è relegata a pura comparsa da cinema muto, e così il film vive dei continui rimandi e omaggi alla serie originale, senza però riuscire a scatenare vera attenzione, vero pathos.
Né horror, né tragedia, né action movie, ma puro e semplice Blockbuster che tutto mescola come in un enorme contenitore, questo lavoro di Rupert Wyatt è come un esperimento mal riuscito, che finisce per alimentare i già numerosi dubbi circa l’utilità di questi prequel-reboot dai risultati spesso incerti.
“L’evoluzione diventa rivoluzione” è lo spot che accompagna la locandina americana. Ma anche il paventato scontro tra i due universi, quello animale e quello umano, non raggiunge mai l’apice, con un buonismo di fondo che impedisce alle scimmie in rivolta di spingersi fino in fondo nel loro atto di rivolta, decidendo infine la quiete del loro habitat naturale, riconsegnando alla razza umana un illusoria speranza di superiorità.