RACCONTARE IL CARCERE COME IMPROVVISA VITA QUOTIDIANA
Avere coraggio significa mettere in gioco i propri limiti e magari essere in grado di rivelarli al pubblico. Il regista Stefano Calvagna affronta il tema della prigionia nel suo ultimo film presentato alla stampa durante l’incontro dal titolo “Il coraggio della verità”, che è andato in scena la scorsa domenica all’interno della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica, precisamente nello “Spazio Digital Expo” nel Hotel Excelsior di Venezia.
Nel corso della conferenza sono stati presentati anche i trailer dei film “Cronaca di un assurdo normale” dello stesso Calvagna e “Stalking – Bad Obsession” dell’autrice Stefania Rossella Grassi, che hanno suscitato grande interesse per il tema trattato, storicamente anomalo nella cinematografia nazionale.
Raccontare in un film il proprio essere all’interno di un carcere, ripercorrendo la cronaca di esperienze crude e debilitanti, nonché vissute in prima persona e sulla propria pelle, come potrebbe essere la frase di lancio. Questa è stata per Calvagna la linea guida di “Cronaca di un assurdo normale”, film-schiaffo all’edulcorazione indotta da molti media. Il cinema che sorpassa le barriere, così l’ha definita il regista, spiegando come fare “il mestiere” nel 2011 diventa sempre più complicato, specialmente se si affrontano tematiche davvero scomode”.
La sua vicenda giudiziaria e la sua detenzione in carcere fa il paio con quanto raccontato dalla Grassi, invece, successivamente alle numerose polemiche, intimidazioni, minacce, l’esposto della Procura Antimafia e il blocco produttivo del suo precedente film “Tieni a Me”, che come noto ha persino suscitato l’interesse di George Clooney. “Stavolta vorremo suscitare qualcosa di ben diverso, reazioni utili per cambiare le cose”, dichiara accalorata e con gusto della spettacolarità.
Il regista Stefano Calvagna è rimasto vittima di un tentato omicidio il 17 febbraio 2009 e nell’ambito delle indagini sulla vicenda è stato arrestato ed incarcerato per calunnia aggravata. Inizia così il suo lungo viaggio dantesco che decide di raccontare in un libro dal titolo omonimo e, subito dopo, con un film che inizia a girare proprio nel momento in cui riesce ad ottenere la libertà condizionata.
Sia Calvagna che la Grassi hanno spiegato al pubblico e ai giornalisti presenti in sala, come, “pur essendo in una società che critica l’operato estremista di molti paesi lontani, spesso siamo i primi a voler oscurare quei tipi di situazione all’italiana in cui ci sono evidenti problematiche”.
Si tratta di realtà quotidiane che gettano cattiva luce sulle nostre alte cariche, sulla politica, sull’economia e sulla giustizia sociale. E, aggiungiamo noi, spegnere ogni tipo di protesta critica pur espressa come forma d’arte significa non voler migliorare mai.