IL GRANDE MAESTRO DEL CINEMA RIMANE UNO STANDARD DIFFICILE DA IMITARE
È uno dei pochi casi hollywoodiani di genio della macchina da presa (e della penna), che non riesce a brillare nel firmamento delle star. Come una cometa, quando passa, tutti l’ammirano estasiati, ma svanisce in pochi secondi e tutti se ne dimenticano. Noi lo ricordiamo per delle perle, l’ industria del cinema per i suoi flop al botteghino. Sarà che una delle sue regole è: libertà di espressione sempre e a ogni costo! Questo, certo, non lo ha mai reso il favorito delle grandi distribuzioni.
Cresciuto nel Kentucky, si nutre, fin da piccolo, di cinema e musica grazie al padre musicista. Si ingozza dei temi e della letteratura fantastica di H.P. Lovecraft fino a diventarne un ambasciatore. Tutti i suoi film, piccoli e grandi, ne contengono una pillola. La prima “chicca” della sua filmografia è “Halloween”; horror urbano a basso costo, incentrato sulla follia omicida di Michael Mayers.
La tensione è un climax crudele nel quale lo spettatore viene catapultato a forza. I giochi in soggettiva di steadycam ci rendono partecipi in soggettiva delle folli imprese di Mayers, tanto che inorridiamo sentendoci quasi complici degli omicidi. Fu chiamato “lo Psycho degli anni ‘70” grazie a queste caratteristiche e qualche citazione cinefila (il dottor Sam Loomis che dà la caccia a Michael è omonimo di colui che fermerà l’ hitchcockiano Norman Bates).
Con molti riferimenti all’universo onirico e fantastico di Lovecraft è, invece, “The Fog”. Attraverso la metaforica vicenda degli abitanti di Antonio Bay, rei di aver rubato un tesoro tradendo e uccidendo tutti i passeggeri di una nave, Carpenter critica fortemente le colpe dei propri compatrioti e gira il coltello nella piaga del senso di colpa che hanno (o dovrebbero avere!). Nonostante ciò, il film ebbe un enorme successo che garantì al regista i finanziamenti per un’altra pellicola.
Da questo punto in poi la carriera del regista è però costellata di fallimenti al botteghino americano. Uno di questi è sicuramente il bellissimo “La Cosa”. Considerato il manifesto del genere splatter, è una delle migliori opere di Carpenter: mai banale o superficiale nonostante sia sempre all’insegna dell’eccesso.
In un’ ambientazione a dir poco claustrofobica, sfoggia effetti speciali sorprendenti e un finale aperto praticamente perfetto: i due superstiti si scrutano con occhi diffidenti per cercare di capire se fidarsi l’uno dell’altro o meno. Anche in questa pellicola la critica all’uomo è molto forte; sembra quasi voler metterci in guardi dalla nostra natura sempre violenta e sospettosa.
E per finire due capolavori: sono opposti per genere ma accomunati dall’originalità dello script.
“Grosso guaio a China Town”, del 1986, è un calderone pronto a esplodere nel quale si mischiano horror, avventura, ironia, magia nera e bianca, kung fu e parodia. Protagonista? Un rude e duro camionista, il collaudatissimo Kurt Russel, che non ne combina una giusta e viene più volte salvato nonostante metta in mostra muscoli, coraggio e un sorrisetto beffardo. La pellicola è un omaggio-parodia ai film d’avventura dell’epoca; appare quasi come uno sfogo del regista, come se si fosse tenuto dentro tutte le sue idee per troppo tempo. Ed eccole qua, tutte in un film solo, con un finale aperto tra il macabro e la comicità!
“Essi vivono” è invece un film totalmente differente. Qui Carpenter appare più adulto. Con una miriade di riferimenti ai B-movie di fantascienza anni ’50 confeziona un prodotto con molteplici livelli di lettura senza dimenticare l’intrattenimento. Un comunissimo operaio, il wrestler Roddy Piper, scopre un invasione aliena da parte di esseri raccapriccianti che, grazie al controllo delle menti umane, si nascondono tra le persone. La loro vera natura è visibile soltanto grazie a particolari occhiali in possesso della resistenza.
Carpenter ribalta il volto della minaccia aliena: è proprio nella nostra società, sotto i nostri occhi! Arriva al punto di mostrare un presidente degli Stati Uniti con fattezze aliene e malevoli intenti contro l’umanità. Ciò che colpisce lo spettatore è proprio questo capovolgimento: i nostri occhi sono davvero in grado di mostrarci la vera natura delle cose?
Riguardando tutte le pellicole di John Carpenter mi viene sempre una sola domanda: sarà forse questo il suo segreto? Infiocchettare, con storie sorprendenti, la magia, la meraviglia e l’orrore della realtà?