Le avventure di tintin e il segreto dell’unicorno: recensione

OPERA STRABILIANTE PER INGEGNO E BRIO, COINVOLGE A RITMO D’AVVENTURA

Ci sono voluti 65 anni suonati ma…he did it, ce l’ha fatta! Parliamo di Steven Spielberg che centra il bersaglio grosso facendo di “Tintin e il segreto dell’unicorno” un film fantastico. Fantasmagorico, divertente, bellissimo. Non più solo per un pubblico teen, ma per chiunque voglia davvero viaggiare di fantasia e lasciarsi cullare da un’ora e mezza intensissima per ritmo e trovate narrative che fanno del suo ultimo lavoro in motion capture un gioiello del genere. Pure nelle sue imperfezioni stilistiche dovute alla foga della messa in scena, il film che ne esce è un prodigio di effetti e visivamente accattivante. Una commedia d’azione di stampa “fumettoso” che regala emozioni adolescenziali e ricordi di gioventù, omaggia la versione buffa di Indiana Jones e regala momenti memorabili di sequenze d’avventura africana come solo un Wilbur Smith dello schermo avrebbe potuto regalarci.

Il film, interamente girato su green screen, è una fiaba moderna fatta di arcani enigmi, tranelli semplici e un baraccone favolistico di personaggi e ambientazioni che ricorda “I Goonies” ad un incontro con “Jumanji”…specie quando il giovanissimo reporter-detective Tintin, salpa da Londra (ma come si mantiene?) alla ricerca di un galeone scomparso e con esso un tesoro piratesco sommerso. Viaggio o apparenza, indagine o rischio? Il tutto giocato sottoforma di entusiasmante lotta contro il tempo e col villain di turno, la reincarnazione di Red Rakkam. Personaggi e duetti esilaranti, una tecnologia sofisticatissima al puro servizio del cinema come atto d’amore di Spielberg e Jackson, che nella foga si dimenticano qualcosa della storia per puntare ad un’operazione colossale di intrattenimento per famiglie, chiunque abbia voglia di divertirsi. Insieme alle musiche di John Williams. 

Molto più complicato a dirsi che a farsi, specialmente viste le ultime prodezze del regista non proprio di livello balistico. Ma qui Spielberg riversa tutto il suo io filmico, anni di esperienza, si mette in gioco senza paura e ne esce vincitore con terrier al seguito. Tintin, in fondo, è sempre stato lui: l’indagatore perpetuo della materia cinema. 

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