Il cuore grande delle ragazze: pareri opposti

LA REDAZIONE SI METTE A CONFRONTO SUL FILM DI PUPI AVATI

Prima metà degli anni Trenta. La famiglia contadina dei Vigetti ha tre figli: il piccolo Edo, Sultana e Carlino, giovanotto molto ambìto dalle ragazze. Gli Osti invece sono proprietari terrieri che hanno fatto fortuna e vivono in una casa padronale con le loro tre figlie, tutte da maritare: le più attempate, Maria e Amabile, e la giovane e bellissima Francesca. Facendo buon viso a cattiva sorte, Sisto e Rosalia Osti accettano che il giovane contadino Vigetti corteggi le due sorelle maggiori con l’intento di sistemarne almeno una. Inizia un periodo di incontri con le due ragazze nel salotto di casa Osti, turbato però un giorno dall’arrivo improvviso di Francesca dalla città in cui è stata mandata a studiare.

USCITA CINEMA: 11/11/2011
REGIA: Pupi Avati
SCENEGGIATURA: Pupi Avati
ATTORI: Micaela Ramazzotti, Cesare Cremonini, Andrea Roncato, Gianni Cavina, Erica Blanc, Manuela Morabito, Marcello Caroli, Gisella Sofio, Sara Pastore, Massimo Bonetti, Sydne Rome, Alessandro Haber, Rita Carlini

1-QUALE TIPO DI PUBBLICO POTREBBE CONQUISTARE?

2-MANTIENE LO STILE CINEMATOGRAFICO DEL REGISTA?

3-LO CONSIGLIERESTI MAI?

AVATI

FRANCESCA VENNARUCCI: Chi si identifica in unl racconto con un po’ di nostalgia di un’Italia che non c’è più, della povertà durante gli anni ’30, della vita di provincia. I personaggi risultano simpatici, anche se probabilmente esageratamente caratterizzati, la matrigna romana è uno di quelli riusciti a metà; fa ridere per le sue battute, ma in certi momenti risulta esagerata.

SIMONE BRACCI: Vecchi nostalgici, una razza sempre più rara che si estingue meno velocemente di quanto Pupi Avati ci mette a girare un film. Questi sono i veri film di genere, come il caffè: ristretto, grazie.

 

FV: Interessante la trovata dialettale tra emiliano e romano, e anche la storia è piacevole da seguire, ma quando finisce sembra che al film manchi qualcosa, e non si capisce se il problema è da ricercare nella trama, nei personaggi o nel montaggio.

SB: Per mantenerlo, lo mantiene, ma solo se consideriamo l’ultima decade di prodotti similari. La verità è che Avati si è scolpito una nicchia drammatico-moralista come un commediante che racconta la storia d’Italia filtrata dalla sua esperienza personale. A tratti interessante, a tratti come un noioso grande fratello vintage.

 

FV: Opto per il si senza esaltazione. Nel primo minuto del film vengono spiegati numerosi particolari fondamentali della narrazione, scelta non vincente perché coglie lo spettatore impreparato e poco attento, perché ancora convinto che si tratti di uno dei trailer, invece è proprio il film che è iniziato e quando la concentrazione arriva, già si sono persi attimi importanti della bella voce di Alessandro Haber che fa da narratore fuori campo.

SB: Francamente no, per il tanfo di stantio che emana. Una storia piatta e senza guizzi che ha l’unico interesse nell’interpretazione bolognese doc di Cremonini. Però se qualcuno mi chiedesse il genere Avati, questo farebbe parte del suo (rarissimo) cofanetto principale. 

Scritto da Simone Bracci e…

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