Alexander payne: parla il regista di "the descendants"

L’AUTORE DEL FILM CON GEORGE CLOONEY RACCONTA IL SUO LAVORO

Non capita spesso di avere la possibilità di vedere un film in anteprima con a seguire un dibattito col regista. L’occasione è resa più preziosa dal fatto che in sala è presente Alexander Payne, vincitore cinque anni fa dell’Oscar per la sceneggiatura di un piccolo cult del cinema indie che è “Sideways”, ma regista anche di alcune perle come “Election” con la terribile ‘secchiona’ Reese Witherspoon e “About Schmidt” con uno straordinario Jack Nicholson.

Decisamente uno che non è passato inosservato e che forse con quest’ultimo “The Descendants” realizza la sua opera più matura. Siamo all’Ugc di Bercy, vicino alla Cinematheque Française. Ovviamente Parigi. Nella discussione ‘bilingue’ inglese e francese, Alexander Payne riesce a trasformare l’atmosfera tesa iniziale (la sala ha oltre 500 posti, tutti occupati) in una chiacchierata tra amici, neanche ci ritrovassimo in una cena in un appartamentino di Oakland, vicino San Francisco, luogo che interesserà il regista, come vedremo nelle prossime righe. Si alzano più mani contemporaneamente. Il sottoscritto accende la telecamera.

 

Prima domanda.

Perché ha deciso di ambientare il film negli Hawaii?

Perché no? La risposta è noiosa: ho letto il libro(dallo stesso titolo, di Kaui Hart Hemmings, ndr), l’ho adorato e ho pensato di poterci fare un buon film. Quando mi decido a girare mi baso su due criteri principali: uno è la storia con le sue parti emozionanti, e l’altro è il luogo dove intendo girarla.  Dunque, ho cercato di interpretare le ambientazioni hawaiane in seguito a molte visite fino a farmi un’idea precisa delle future location. Con il cinema mi piace interpretare la realtà circostante.

Dopo “About Schmidt” ancora un film sul lutto e in particolare di un uomo che perde la moglie. E’ un caso?

Il mio primo istinto è fare un film. Non mi pongo il problema di pensare a eventuali collegamenti tra i miei film. Ma il tema della perdita è qualcosa di comunque costante nelle nostre vite. E’ qualcosa di tragico, ma trovo giusto il modo di trattarlo con la commedia.

Perché ha scelto George Clooney? E com’è stata la collaborazione con lui?

Ho incontrato Clooney quando stavo preparando il Casting di “Sideways” e mi ha detto che voleva interpretare una delle parti. Non lo ritenevo adatto per quel film, ma mi piaceva. Ho pensato che magari potevo lavorare con lui in modo creativo un giorno. Inoltre è una delle poche star statunitensi che apprezzo veramente. Sento in lui un essere umano completo che ride, piange, soffre e sa prendersi in giro. I tratti di una buona star insomma. Quando nel 2009 ho iniziato a lavorare sull’adattamento di questo film, allora ho immediatamente pensato a lui. 

Lui è inoltre quello che speri che sia. Professionale, positivo, entusiasta, molto talentuoso. Non è uno di quegli attori che segue il ‘metodo’ ed è  sempre nel personaggio, anzi lui scherza e interagisce con gli altri membri della troupe. Quando il regista dice “Azione” fa quello che deve fare. Gli dici “Taglia” e torna a essere se stesso. E questo che mi piace di lui.

Qual è il suo prossimo progetto?

Ho due sceneggiature pronte per la produzione: sono due piccole commedie. La prossima è una commedia on the road con padre e figlio protagonisti. Quella immediatamente dopo è l’adattamento di “Wilson”, un fumetto di Daniel Clowes, l’autore di “Ghost World”.

“Wilson” potete trovarlo in qualunque libreria ed è la storia su un misantropo sui cinquant’anni che vive a Oakland, vicino San Francisco, con il suo cane. Un giorno decide di andare dalla sua ex con cui aveva condiviso una grande storia d’amore quindici anni prima. Quando la ritrova, i due finiscono ancora a letto insieme. Quello che non sa Wilson è che la sua vecchia fiamma quindici anni prima era incinta: dopo che il fidanzato l’ha lasciata ha dato la figlia in adozione. Questi due strani personaggi vanno alla sua ricerca sperando di ricostituire il nucleo familiare che avrebbero dovuto costituire tempo addietro. Una commedia che sarebbe perfetta per Paul Giamatti. Forse troppo. Infatti ha già interpretato ruoli simili e anche lui è in dubbio se interpretarla o meno. Non so se finirò per lavorare con Paul o con qualcun altro per questo film.

Con quali attori le piacerebbe lavorare?

Mi piacerebbe moltissimo lavorare con Meryl Streep un giorno. Anche Cate Blanchett mi piace molto. Ovviamente vorrei lavorare ancora con Paul Giamatti. E anche se non ha fatto film dal 2004, perché ufficialmente pensionato, vorrei moltissimo lavorare con Gene Hackman.

I critici non hanno bene reagito al fatto che voi avete impiegato 7 anni per fare un nuovo film…

Stronzi.

Si, infatti. Ma questa distanza di tempo ha influito il suo lavoro?

Il tempo è bizzarro. Siamo a dicembre e sono sicuro che molti di voi penseranno “Cazzo, era gennaio giusto un minuto fa”. Quindi il tempo è molto veloce. Ma sinceramente penso che avrei fatto il film nella stessa maniera film 5 anni fa, se avessi voluto. Ma ho scoperto in questo modo che nell’immediato futuro mi voglio muovere velocemente film dopo film. E’ per questo che ho già due sceneggiature in cantiere. 

Il suo film è uno dei favoriti per i prossimi Oscar. Cosa ne pensa?

Sono estremamente grato del loro interesse nel mio lavoro (con evidente sarcasmo).

E’ divertente: siamo tutti cresciuti a guardare la notte degli Oscar fino a notte tarda. Poi il tuo film viene considerato per gli Oscar e tu pensi “Che bello”, ma subito tutti cominciano a tempestarti di domande su questi premi. Ci sono molte cose a tal riguardo. Ma è un po’ assurdo donare un premio per il “Migliore nell’arte”. Dai, come si puo’ fare una cosa del genere? Si tratterebbe più di una cosa per l’Intrattenimento, l’Entertainment.

C’è da dire di più. La sola cosa a cui un regista pensa costantemente  è di poter fare film nell’immediato futuro. Se il pregio degli Oscar –basta solo una nomination- aiuta il regista come un’assicurazione che ti permette di continuare a lavorare, allora è decisamente qualcosa di positivo. E comunque ho vinto un Oscar ed è stato mooolto divertente. Era interessante osservare il backstage della trasmissione e quello che succedeva il giorno dopo.

Perché in questo film piove? Siamo alle Hawaii o no?

(Risponde ironicamente rendendosi conto della stupidità della domanda) Pensi che io abbia il potere per cambiare il tempo e per dire se ci sia pioggia? Semplicemente pioveva nel giorno in cui abbiamo girato. (La sala ride e il tipo che ha fatto la domanda sprofonda nella poltrona imbarazzato) Ma mi è piaciuto girare alle Hawaii con due tempi differenti.

 

Quando lei gira lei prepara molto o si lascia affidare al caso?

Quello che mi piace nel fare un film è che è per metà ‘preparazione’ e per metà ‘scoperta’. Ogni giorno è come se stessi sull’orlo di un precipizio, con tutto quello che puoi controllare che è dietro di te, e guardi quello che i dei del cinema hanno in serbo per te quel giorno.

Se mi permettete l’accostamento, ci sono dei pittori che iniziano la tela, come nel “Mistero Picasso” (1955) di Clouzot, e stratificano disegni su disegni senza fermarsi fino a trovare la giusta soluzione. Ma c’è un’altra soluzione, come quella di Hopper che impiega mesi a pensare quello che vuole fare e poi disegna esattamente quello che ‘vede’. E’ esattamente il modo di pensare di Hitchcock di intendere un film fotogramma per fotogramma (“shot by shot”) fin dall’inizio e alla fine non è altro che una faccenda di esecuzione. Io mi sento più come Picasso, non che mi voglia paragonare a lui, ma nel modo di pensare e nel far prevalere il processo di scoperta.

Quali sono le sue ispirazioni artistiche? E l’ultimo grande film che ha visto?

Posso rispondere direttamente alla seconda domanda. L’ultimo grande film è sicuramente “The life and death of Colonel Blimp – Duello a Berlino”  (1943) di Michael Powell ed Emerich Pressburger. Fottutamente incredibile. E’ stato restaurato di recente da Martin Scorsese, che tra l’altro con il suo ultimo “Hugo” ha fatto veramente un gran film: specialmente l’ultima ora quando vediamo George Melies al lavoro. Fantastico! 

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