IL SECONDO FILM SULL’INVESTIGATORE DI GUY RITCHIE SI CONFERMA UN PRODIGIO NARRATIVO
In principio era il mastino (dei Baskerville), e il mastino era presso Londra ed era un dio nelle indagini. Sherlock Holmes, il detective più famoso della storia della letteratura, si è oggi evoluto e la sua versione cinematografica lo vuole affabile, ciarliero, estremamente affascinante e combattivo al punto giusto. Una versione dandy 2.0, incarnata magistralmente dal suo alter ego Robert Downey Jr.
Siamo nell’Inghilterra di fine 800, quando una serie di omicidi e attentati nelle più alte corti d’Europa fanno da preludio allo scoppio della guerra mondiale. Per l’investigatore nato dalla penna di sir Arthur Conan Doyle la mente criminale dietro a questa catena di eventi è una sola: l’illustre professor James Moriarty (un buon Jared Harris). L’antagonista per eccellenza, il villain dei villain, l’astuto signore del male, camuffato da semplice essere umano.
Guy Ritchie ci riporta avanti e indietro nel tempo con questo secondo episodio di una saga ormai inevitabile, dietro con la storia che sappiamo bene dove ci porterà, avanti grazie ad un uso sapiente di realtà aumentata, inserita in una miriade di sequenze mozzafiato che chiudono a colpi di cemento armato le crepe di una sceneggiatura non impeccabile. Sorretti dalla perfetta armonia melodica di Hans Zimmer, Holmes e Watson (Jude Law) e i loro comprimari (Noomi Rapace su tutti) si calano in un’avventura gotica in giro per il vecchio continente, tirando al massimo la corda digitale quale espediente narrativo per dar vita ad un duello di arguzia e ingegno, non più bene contro male, ma giusto contro sbagliato, i mezzi che giustificano il fine ultimo.
Tensione alta, ritmo perfetto, attori cuciti addosso ai personaggi, funziona quindi tutto? Non proprio, perché durante l’evolversi delle indagini qualche domanda sorge spontanea e non tramonta mai con una risposta limpida. Il regista è però abile con le carte, asseconda l’enfasi visiva e confonde la mente con maestria, in un gioco d’ombre del prestigiatore incallito. Richiamando l’azione, il pulp, il noir, il docu-fiction senza intaccare il valore intrinseco del film, quell’anima romantica e immortale degna solo dei grandi personaggi, associati qui a grandi protagonisti. Il volto di Downey Jr. che affiora tra le mura dello studio di Baker Street è un favoloso dipinto che richiama ad arte un’epoca surrealista, intensa e gustosa.
SH 2 è in definitiva un mix narrativo elaborato e ben confezionato in cui scaltrezza, miseria e nobiltà sono la risposta romanzata alla più grande domanda retorica esistente: può un grande intelletto sopraffarne un altro? La verità si confonde nel fumo di nebbia e spari, a Londra il sole della ragione tarda a far capolino.