Alcatraz secondo il genio di abrams

DIFFUSO IL PILOT, ORA IL GIUDIZIO PASSA AGLI SPETTATORI

Chiuso nel 1963 il carcere di Alcatraz è stato per anni luogo di soprusi per i detenuti che vi venivano mandati. La storia vuole che gli alti costi di gestione del penitenziario hanno fatto sì che  questo venisse chiuso dopo essere stato del tutto evacuato, o almeno così sino ad oggi, anzi, a lunedì, abbiamo creduto.

L’idea di riscrivere la storia di Alcatraz è di JJ Abrams, “the rock” per gli amici, unendo in un telefilm omonimo la misticità di un luogo alla “Lost” con la caratterizzazione dell’indagine alla “Fringe”. Nelle due puntate andate in onda in America il 16 Gennaio su Fox è stato visto un pilot che merita la piena sufficienza e una seconda puntata che caratterizza certamente lo schema narrativo di quelle che verranno.

Il genio Abrams ha immaginato che ad Alcatraz  sono rimasti alcuni detenuti che, miracolo dei miracoli, sono arrivati ai giorni nostri senza invecchiare di un secondo ma con una grande rabbia in corpo e la voglia di vendetta per le umiliazioni ricevute nel periodo di detenzione. Le puntate avranno al cento della narrazione di volta in volta un detenuto arrabbiato che la task force formatasi nel pilot e composta da la detective Rebecca Miller (figlia di una generazione di poliziotti e con trauma ancora da cicatrizzare), l’agente federale bello sadico Emerson Hauser che pare essere quello che del mistero ne sa di più e Diego Soto un esperto della storia di “the rock”.

La curiosità sul perché i detenuti rimasti sull’isola non siano invecchiati è ovviamente il motivo principale per cui il telespettatore rimarrà incollato alla serie finché non verrà fatta totale chiarezza. Certo è che in ogni finale di puntata gli autori si divertiranno a mescolare un po’ le carte in tavola lasciando un punto interrogativo in sospeso come spesso accade nei telefilm firmati Abrams e creando una sorta di storia orizzontale.

Anche se questa volta il mistero potrebbe essere meno fitto avendo ordinato la rete di non creare un telefilm che avesse un mistero da scoprire troppo arzigogolato in modo tale che i telespettatori possano appassionarsi alla serie anche nel bel mezzo del suo cammino per evitare un fenomeno di costume alla “Lost” che trascini la serie più per affezione del pubblico che per reali meriti di ascolto i quali, in tempi di crisi, sono fondamentali.

Certo è che “Alcatraz”, al di là di alcune autocitazioni e del pericolo che le storie dei vendicativi galeotti si possano a lungo andare somigliarsi tutte un po’, è un prodotto di altissima qualità e, se la Fox non tarpa le ali a J.J., potrebbe davvero diventare un grandissimo successo. 

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