UNA TENDENZA TUTTA ITALIANA CHE DAL 2005 SPOPOLA TRA I GIOVANI
Tutti conosciamo il cinema di mafia, i “mob movie” e i “gangster movie”, i cui moduli e stilemi sono ormai conosciuti dal pubblico e ampiamente trattati dalla critica. Negli ultimi anni, qualcosa di nuovo si affaccia all’orizzonte, qualcosa che potremmo definire “cinema criminale”: una tendenza nuova, agli inizi, che si può solo iniziare ad analizzare, andando per tentativi e congetture. Dunque, cominciamo…
Appare necessaria una piccola cronistoria del “genere”: nel 2002 Giancarlo De Cataldo pubblica Romanzo Criminale; nel 2005 viene distribuita la pellicola Fatti della Banda della Magliana di Daniele Costantini, cui seguono gli adattamenti cinematografico prima e televisivo poi, di Romanzo Criminale rispettivamente per mano di Michele Placido (2005) e Stefano Sollima (2008); spunta poi il film Vallanzasca (2010) sempre di Placido. Dopo due anni di silenzio, si aggiungono due titoli a questo elenco ma non secondo un criterio di tematica, tutt’altro. Quello che lega i succitati film a pellicole come A.C.A.B. (tratto dal testo del 2009 di Carlo Bonini) di Stefano Sollima (2012) e Diaz (?) di Daniele Vicari (che nessuno vuole distribuire) è l’aspettativa del pubblico, guidata da una serie di elementi che hanno in comune.
Un pubblico costituito da giovani e giovanissimi, per lo più di sesso maschile (ma non solo), attirato in primis da una storia piuttosto conosciuta e apprezzata: il fascino del male, del cattivo protagonista di una storia in cui lo spettatore può identificarsi e gonfiare il suo ego. Ma si tratta solo di questo? Probabilmente, se prodotti di questo tipo sono mitizzati soprattutto nella capitale, l’indice di maggiore interesse risiede sicuramente nel ruolo fondamentale che la romanità occupa al loro interno. Solo successivamente nasce l’interesse per la storia d’Italia, quella che inizia dalle ceneri del secondo conflitto e che passa per il boom economico e gli Anni di Piombo, massimo periodo di coinvolgimento politico giovanile, anche se con risultati inquietanti.
Michele Placido racconta di essere rimasto toccato dall’interesse che alcuni studenti hanno manifestato, dopo la visione del film Romanzo Criminale, nei confronti del caso Moro. Gli venne chiesto di realizzare un film su quella determinata vicenda perché volevano saperne di più e non tramite i classici libri di storia. La serie televisiva ha invece fatto presa per ben altri motivi; l’audience della fiction si rivela più interessata a propugnare valori di fratellanza, cameratismo, odio per il nemico e amore per l’amico di una vita.
In chiusura, una considerazione. Impossibile non notare i curiosi ritorni di certi attori nelle opere in questione:
Pierfrancesco Favino: Romanzo Criminale il film, A.C.A.B. / Kim Rossi Stuart: Romanzo Criminale il film, Vallanzasca
Claudio Santamaria: Romanzo Criminale il film, Diaz / Alessandro Roja: Romanzo Criminale la serie, Diaz
Marco Giallini: Romanzo Criminale la serie, A.C.A.B. / Andrea Sartoretti: Romanzo Criminale la serie, A.C.A.B.
Il denominatore comune sembra essere la banda romana degli anni ’70, visto che ognuno di questi attori ha partecipato prima agli adattamenti cine-televisivi dell’opera di De Cataldo e successivamente ad altre produzioni simili. Si tratta dunque, di attori perfetti per ruoli di questo tipo o di personaggi diventati miti grazie ad una prima apparizione e poi voluti dalle major per un bis che mantenesse costante il successo di pubblico? Ancora una volta il mito del cattivo in cui rivedersi vince su tutto e, nel caso del cinema, a “farne le spese” sono gli attori che si cuciono addosso queste identità, senza la certezza di potersene spogliare un giorno.