RITORNO ALLE ORIGINI PER ANDREW NICCOL, CON QUALCHE PECCA MA GRANDE ADRENALINA
Probabilmente ai più non dirà niente il nome di Andrew Niccol. In passato ci ha regalato degli ottimi film di genere che ponevano l’accento su problematiche importanti come l’affermarsi minaccioso della genetica in una società sempre più fredda (“Gattaca”) e lo scontro ‘creazione digitale’/corpo umano per quanto riguarda la creatività, un tempo di appartenenza esclusivamente umana (il sottovalutato “Simone”).
Dopo il minore, ma comunque godibile “Lord of war” c’era dunque molto attesa per questo ritorno alla fantascienza da parte dell’ex-sceneggiatore di “Truman Show” (già, proprio lui) svolto in un futuro vicino in cui il tempo ha preso il posto dei soldi. Si parla di crisi, di mortalità, di critica alla società…
Peccato che “In Time”, interessantissimo sulla carta, si riveli una delusione dopo appena un minuto che è iniziato il film. L’apparizione di Justin Timberlake semi-nudo con gli addominali scolpiti fa già pensare in che direzione andrà il film: verso l’intrattenimento becero anni 2000, ma quello di peggiore fattura che ci fa rimpiangere i “Fast & Furious” che almeno non avevano pretese così grosse.
Quindi ecco alternarsi inseguimenti di pregevole fattura, ma dialoghi tra i peggiori sentiti negli ultimi tempi: ad esempio quando una cameriera dice “Voi non siete di qui. Fate tutto troppo veloce” e Timberlake con sguardo da latin-lover replica “Non tutto”.
E per di più ci si mettono gli occhi alieni e sperduti di Amanda Seyfried, ragazza tanto carina che visto però il suo curriculum – “Mamma mia”, “Cappuccetto rosso sangue” e così via- verrebbe da consigliargli di cambiare mestiere. Quanto al cantante di “Cry me a river”, possiamo dire che è stato fortunato nell’essere stato diretto una volta da David Fincher e avere tirato fuori il massimo. Quasi mi veniva da dire che era un bravo attore. Ma se continua di questo passo meglio che torni a cantare “Sexyback” o cose del genere.
Ottimo invece lo spietato villain interpretato da Cillian Murphy, attore che però, a parte i film di Nolan, a Hollywood è decisamente ‘sotto-utilizzato’ viste le sue capacità. Speriamo che per Niccol che col futuro “The host”, adattamento dal romanzo di Stephenie Meyer, il futuro torni roseo, ma visto il nome dell’autrice non mi fiderei tanto.