OGNI VOLTA LA STESSA SCENA, TROVARE UN DISCORSO ORIGINALE NON FA RIMA CON TALENTO
Le previsioni sono come la roulette, ci azzeccano al 50%…è questione di fortuna. Alla vigilia delle nomination le previsioni erano impazzite, ognuno diceva la sua e i film papabili per la lizza rasentavano il centinaio. Poi tutto rovesciato, le candidature della vecchia commissione degli Academy’s danno chance a film insospettabili, premiano i soliti, escludono le rivelazioni. Cambia ogni scenario e, alla vigilia degli Oscar, le quotazioni da scommessa sono più semplici per tutti. Come previsto il trionfo è tutto francese, da “The Artist”, miglior (meritatissimo) film a Michel Hazanavicius, il suo regista che domina la scena, fino a Jean Dujardin, attore uscito dal guscio con charme e classe che imbriglia con la sua performance muta e ballerina i signori di Hollywood.
Poi, nel candore degli abiti da cerimonia, degli smoking di alta classe e dei vestiti di moda delle dive presenti e passate, il red carpet si conclude sul palco, in una riverenza che i premiati, anno dopo anno, dimostrano di aver imparato a memoria: una costante invariabile, il ringraziamento dovuto. La litania degli special thanks inizia e finisce sempre con my mom or god, due ottimi esempi di ciò che più conta nel momento del bisogno: la famiglia e l’altissimo, religione e casa.
Tutta apparenza dite? Non ne saremmo così sicuri, perché una volta varcata la soglia del paradiso glamour si viene battezzati a miglior vita, tutto scintillante, tutto dorato, tutto di tutto di più. Come uno slogan in cui il vanto è necessario, la fila di sorrisi compiaciuti idem e il talento si disperde tra le poltrone più costose del pianete. Ma il bello è proprio quello, un elogio ai sognatori che solo pochi eletti potranno mai assaggiare in vita, stiamo parlando di una mela così difficile da addentare che persino Adamo avrebbe desistito.
Se però la scintilla della bravura persevera in voi, se siete così caparbi da voler dimostrare al triliardo di abitanti del pianeta che valete l’investimento, magari un giorno quelle poltrone le guarderete dall’alto, dal palco che vi sorregge con una statuetta prestigiosa stretta tra le mani sudate. Guarderete in basso, occhi a cercare le telecamere e dal taschino interno estrarrete quel minuscolo fatidico foglietto bianco, dimenticando la lezione di sempre. Un classico. E la storia continua.
“Prima di tutto vorrei ringraziare chi mi ha permesso di essere qui….mom, god…whatever”.