IL DRAMMA DI UN UOMO E IL SORRISO CHE UN EX GALEOTTO PORTA NELLA SUA VITA
Il “formato” del film appare piuttosto conosciuto: un ricco signore, serio e impostato, viene a contatto con un giovane esuberante venuto dalla periferia, che dissacra ogni elemento della sua vita spingendolo a cambiare e a divertirsi di più. Sembra difficile che un tetraplegico (paralizzato “dalla base del collo alla punta dell’alluce”) possa ancora divertirsi. Forse, deve solo incontrare la persona giusta. Quella persona è Driss, un ex galeotto di origini senegalesi che si presenta al colloquio per l’assistenza dell’aristocratico Philippe, rimasto completamente paralizzato in seguito a un incidente col parapendio.
La regia di Eric Toledano e Oliver Nakache si presenta piuttosto classica (anche se non mancano inquadrature lunghe e camera a mano), molto ben fatta che racconta la vicenda con chiarezza ma senza annoiare. Bella la fotografia di Mathieu Vadepied, complessa ma non canonica, apprezzabile soprattutto nelle scene girate dopo il calar del sole: la notte è la notte, quella vera in città, e i personaggi hanno il loro volume, la loro profondità, senza bisogno del 3D. La sequenza titoli promette molto bene, mostrandoci un inseguimento con la polizia, sotto le gallerie dell’autostrada, in multivisione e September degli Earth, wind and fire che irrompe prepotentemente dall’autoradio. Per il resto del film, la colonna sonora è spesso affidata a una serie di pezzi di solo piano davvero meravigliosi.
Molte sono state le critiche al film e soprattutto alla figura di Philippe, paralizzato si, ma miliardario: “per lui”, hanno denunciato molti spettatori nella sua stessa condizione ma con il conto in banca infinitamente più leggero, “è facile reagire con tutti i soldi che ha”. Ma Philippe non è un personaggio superficiale o la classica macchietta che scherza sul suo handicap: affronta con coraggio la sua paralisi ma ha perennemente l’aria malinconica (ottima interpretazione di Francois Cluzet) e soffre per la perdita della moglie che si intuisce essere una ferita che non si rimarginerà mai, nemmeno con il secondo matrimonio.
“Quasi amici” è un film davvero esilarante, con un Omar Sy a dir poco geniale che costruisce un Driss ingenuo e sincero di cui è impossibile non innamorarsi. Le sue battute (tutte divertenti e nessuna di cattivo gusto) sulla tetraplegia del protagonista sono da interpretare come una vera e propria terapia: l’unico modo di reagire ad una sfortuna così grande.