LA DISNEY CI RIPROVA CON UN KOLOSSAL DINAMICO QUANTO POCO ORIGINALE: RISULTATO MERITEVOLE DI FIDUCIA
La fisica nella finzione viene infranta spesso e volentieri. È il bello della fantasia applicata al cinema e come tale risponde a determinati criteri, fantasy appunto, che gli sceneggiatori creano universo dopo universo, infiniti mondi possibili creatisi dopo la curvatura tempo-spazio aperta dalla saga di “Star Wars”. Così, quando nel 1931 si è creato il warmhole nella mente dello scrittore Edward Rice Burroughs, il salto fino al 2011 è stato possibile grazie ad una visione lontana 80 anni: “John Carter”.
Idea all’epoca geniale dove un eroe della guerra civile americana approdava su Barsoon/Marte per combattere un conflitto non suo, inserito in un contesto talmente fantascientifico che solo l’attuale utilizzo di tecnologie digitali ha potuto trasformare in immagini, parole in spezzoni visivi in cui la realtà coincide con la fantasia e la fisica che conosciamo si piega oltre ogni limite. Il regista Andrew Stanton poi si è lanciato con mestiere nel vuoto cosmico del crossover tra animazione ed effetti digitali, un mondo popolato da creature intergalattiche e poteri cosmici dal difficile controllo. Ma alla base del film, come per ogni storia che si rispetti, c’è un sentimento, quell’amore che sconfigge ogni male e dolore e supera senza ostacoli le barriere del tempo.
Volato su un altro pianeta inconsapevolmente, Carter si ritrova con poteri fuori dalla norma e sul percorso per tornare a casa s’imbatte nell’eterno conflitto tra bene e male, che vede al suo centro la principessa Dejah Thoris. Cambierà idea? Ciò che conto e che JC gioca l’ultima disperata carta del fantasy in un panorama filmico saturo e annoiato da film di genere e, seppur senza mostrare un poker, si avvicina con una doppia coppia alla sufficienza cum laudis. Ovvero, senza brillare per narrativa, riesce ad intrattenere e convincere nella misura in cui si cancella il già visto e sentito dalla propria memoria cinefila e si punta ad un prodotto fresco, non innovativo, ma decisamente avventuroso.
Un plot che fa sognare quasi un secolo di amanti dei fumetti e su cui molte produzioni, in questo caso la Disney, puntano molto per rilanciare il loro brand nell’orda di teenager che popolano il nostro pianeta. Scelte narrative prevedibili, quindi, ma anche personaggi divertenti e trovate sceneggiative piuttosto efficaci, sia nella prima parte introduttiva che nella sua conclusione, non necessariamente legata ad un possibile sequel, ma calibrata con lo scopo ultimo della pellicola; permettere allo spettatore di godersi un ulteriore viaggio spaziale, utilizzando al meglio il potere che più lo contraddistingue: la sua illimitata fantasia.