INTERVISTA ALL’INTERPRETE DEL FILM DI DALDRY “MOLTO FORTE, INCREDIBILMENTE VICINO”
In occasione dell’uscita del nuovo film di Stephen Daldry (“Billy Elliott”, “The hours”) nelle sale francesi, l’attore nominato al premio Oscar Max Von Sydow, mitico interprete di alcuni dei capolavori di Ingmar Bergman, ma non solo, incontra il pubblico al cinema UGC Les Halles di Parigi. Di seguito il resoconto dell’incontro.
D. Ci parli del suo ruolo? Che cosa gli è piaciuto del suo personaggio?
R. Era un ruolo che ho amato dal primo momento in cui ho letto la sceneggiatura, veramente commovente: non ho mai lavorato su un personaggio così ed è decisamente stimolante per un attore trovare qualcosa di nuovo. Questo è stato infatti il mio primo personaggio assolutamente muto. Nel libro (di Jonathan Safran Foer, ndr) il ruolo era tuttavia molto più completo. Sappiamo che era tedesco, viveva a Dresda ed era là quando la città fu rasa al suolo durante la seconda guerra mondiale. Ebbe lo shock di vedere tutta la sua famiglia e i suoi amici colpiti dai disastri delle bombe, una catastrofe quasi ai livelli di Hiroshima.
Questo trauma emotivo l’ha spinto a non parlare più. Era uno scultore, ma ha incontrato una donna, hanno vissuto insieme per un certo periodo fino al momento in cui la donna realizzò di essere incinta e a quel punto il misterioso personaggio scomparve per molto tempo. Dopo l’11 settembre comprese che il figlio morì e allora andò alla ricerca della sua ex per starle vicino. La donna ormai anziana accettò la proposta del vecchio compagno, ma a condizione di non contattare mai il nipote che abitava dall’altra parte della strada. E’ divertente, ma il coinquilino non ha un nome. Non ci avevo pensato infatti. Potrebbe chiamarsi anche Gustav per quanto mi riguarda. Fatto sta che Gustav non si spinse alla conoscenza del nipote, ma fu quest’ultimo a tentare il primo approccio per iniziare un’amicizia. Una storia forte e sono molto contento di averne fatto parte.
Come sceglie i suoi ruoli?
Io non posso lavorare troppo. Ci devono essere delle sceneggiature veramente interessanti. E poi non voglio ripetere cose che ho fatto prima. Ma sono anche alla ricerca di registi stimolanti.
Qual è stato il suo rapporto col giovane protagonista?
Thomas Horn è un ragazzo incredibile. Non aveva mai fatto l’attore prima, neanche in qualche spot per la televisione. E’ venuto sul set completamente ‘innocente’. Stephen Daldry ha lavorato molto con lui. Io sono arrivato sul set dopo un mese che erano già cominciate le riprese e mi sono trovato di fronte a un ragazzo con un grande senso della professionalità. E’ stato un piacere lavorare con lui. Nella scena nella cucina lui mi racconta la sua storia con un monologo di otto minuti. Abbiamo fatto la scena più volte e lui ha fatto quello stesso monologo ogni volta in modo praticamente impeccabile. Adesso vive a San Francisco.
Puo’ dirci dov’era quando è successo il disastro dell’11 settembre?
Io e mia moglie eravamo alla guida della macchina facendo una gita in campagna, in Svezia. Mio figlio mi aveva chiamato da Parigi e nel panico mi aveva detto di tornare immediatamente in città. C’era una guerra in atto, stavano bombardando gli Stati Uniti, mi diceva. Siamo tornati all’hotel e ci sentivamo provati per quello che stava succedendo. Penso che in quel giorno ci siamo sentiti tutti un po’ newyorkesi.
Qual è il film che più ha marcato la vostra carriera?
Ce ne sono molti. Io ho avuto la fortuna di lavorare con grandi registi svedesi e non, a cominciare da Ingmar Bergman con cui ho realizzato undici film. Quel periodo è stato una parte straordinaria e costruttiva della mia vita. Forse tra tutti i lavori che ho fatto potrei scegliere un film scandinavo, “Pelle the Conqueror” (in italiano “Pelle alla conquista del mondo” di Bille Auguste, ndr), una storia basata su un romanzo danese che ha segnato un’epoca, anche se la pellicola raccontava piuttosto la prima parte di quel libro. Il romanzo scritto da Martin Anderson Nexo ha veramente dato dignità ai lavoratori in un periodo in cui erano poco considerati dalla società. Il ruolo che facevo era un personaggio che aveva l’opportunità di reagire in molte situazioni differenti e difficili: non capita spesso di avere una parte del genere. E’ un grande film, per me il più importante.