Diaz – don’t clean up this blood: recensione film

QUANDO I DIRITTI UMANI VENGONO CALPESTATI CON CRUDA VIOLENZA

diaz don't clean up this blood locandinaGENERE: drammatico

DURATA: 120′

DATA DI USCITA: 13 Aprile 2012

VOTO: 4 su 5

L’ultimo film di Daniele Vicari segue la scia di quelle pellicole che si sono contraddistinte nel panorama del cinema italiano di quest’anno, e il cui obiettivo è portare alla luce i meccanismi irrazionali della violenza da parte delle forze dell’ordine e allo stesso tempo non far dimenticare capitoli bui della storia italiana. Tutt’oggi rimasti senza verità. Ad iniziare il filone ci ha pensato l’analisi adrenalinica di Stefano Sollima sul reparto mobile della celere in A.C.A.B, ma anche il più recente Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana.

Diaz – Don’t clean up this blood racconta i fatti accaduti durante il G8 di Genova nel 2001. Punto centrale sul quale il regista volge lo sguardo lo dice il nome stesso del film, ovvero ciò che successe all’interno della scuola Diaz nella notte del 21 luglio. Il complesso scolastico era infatti stato autorizzato ad essere il centro di coordinamento del Genoa Social Forum. Quella sera, fece irruzione il reparto mobile della polizia di stato, alla ricerca di coloro che avevano provocato gli scontri civili durante le manifestazioni dei giorni precedenti: i Black Block, o anarco-insurrezionalisti.

Non solo non li trovarono, ma ciò che emerse sin da subito fu la violenza inaudita e senza motivo che la polizia usò nei confronti degli attivisti che riposavano nella scuola. 61 furono i feriti ricoverati negli ospedali, 93 gli arrestati. “Tutto questo sangue per trovare una sola molotov”, dice una poliziotta nel film. Per quella che fu definita “una macelleria messicana” al giorno d’oggi i colpevoli sono stati ritrovati in 27 agenti, sui 300 che parteciparono all’irruzione, le cui condanne andranno in prescrizione nel 2016.

Allo stesso tempo sono andate in prescrizione le condanne di quegli agenti di polizia che torturarono i ragazzi arrestati e portati nel carcere di Bolzaneto. Nella sentenza del tribunale di Genova del 14 luglio 2008 si legge “la mancanza nel nostro sistema penale di uno specifico reato di tortura ha costretto il tribunale a circoscrivere le condotte inumane e degradanti”. Come scritto nella locandina del film, Amnesty International giudicò i fatti “la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale”.

Le vicende vengono raccontate mediante vari punti di vista: ottima scelta, in quanto lo spettatore guarda la storia attraverso gli occhi dei giovani black block, di un poliziotto, dei manifestanti pacifici, dei giornalisti, di un anziano militante della CGIL. Può formarsi così nella testa di ognuno di noi un giudizio acritico sulla diverse personalità che parteciparono al G8, e i cui destini si unirono in un’unica sorte che sfociò nella violenza. Non è sicuramente un film facile da guardare, in quanto il regista non risparmia sulla crudezza delle immagini e sull’aggressività delle situazioni.

Inoltre, il pensiero che siano fatti realmente accaduti fa salire in corpo una rabbia incontrollabile, diretta nei confronti di quelle persone che dovrebbero essere i difensori della giustizia, e che troppe volte di fronte a errori vengono protetti dallo Stato. Sebbene il film è pura fiction, intervallato da qualche filmato di repertorio, non ci si può non indignare specialmente se si pensa che “magari è successo anche di più”, come sottolinea il produttore del film Domenico Procacci.

Impeccabile dal punto di vista tecnico, potente dal punto di vista musicale, eccellente dal punto di vista artistico, Diaz è un film assolutamente imperdibile. E necessario.

 

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