Ho cercato il tuo nome: focus sul film

L’ADATTAMENTO DAL FILM DI NICHOLAS SPARKS RISULTA TROPPO POCO AVVINCENTE

Scott Hicks è un veterano nel trarre dai libri i propri film. Lo ha fatto con “La neve sui quadri” di David Guterson, con “Cuori in Atlandide” di Stephen King e ha sfiorato l’Oscar con due nomination per “Shine” e per “Sapori e dissapori” di Scott Hicks che aveva tra l’altro tra i protagonisti il nostrano Sergio Castellitto. La scelta dei testi da trasporre è sempre stata, per Hicks, estremamente accurata, fino ad oggi.

“Ho cercato il tuo nome” è il settimo romanzo di Nicholas Sparks che viene preso in prestito dal cinema per colpa della Warner Bros che da anni ne acquisisce i diritti. La letteratura di Sparks si adatta benissimo a quel gusto, cinematografico e letterario, che vive di retorica e buoni sentimenti, di storie che non fanno altro che ricalcare lo schema della favola di Propp in cui l’eroe o l’eroina dopo una vita tormentata e molte peripezie tra aiutanti e antagonisti conquista il suo lieto fine per la felicità di cuor leggeri e alquanto mediocri.

“Ho cercato il tuo nome” è una favola dei giorni nostri che ha per protagonista Logan, un sergente dei marines che ritorna a casa dopo la sua terza missione in Iraq con lo scopo di voler ritrovare Beth una fotografa che gli ha salvato la vita. Inutile dire che sua “missione” riesce e che alla fine i due belli (perché brutti non avrebbero mai potuto essere) vivranno felici e contenti.

Il film rispecchia bene il libro da cui è tratto: lo stereotipo del bel marines interpretato da Zac Efron idolo delle teen che regaleranno a questa pellicola un buon posto nelle classifiche è perfettamente delineato nelle descrizioni di Sparks come nelle scene di Hicks. Lo stesso vale per la bella fotografa simbolo del riscatto di una vita donata alla nazione che nel film prende il volto di Lily Rabe. La storia non si discosta dall’originale nella perfezione della banalità di cui è intrisa. 

Un film che apre la stagione cinematografica estiva quella in cui le persone come il pensiero e spesso anche il gusto vanno in vacanza.  

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