Men in black 3: recensione film

I DUE AGENTI IN INCOGNITO ANCORA INSIEME PER SALVARE LA TERRA DA UNA NUOVA MINACCIA

Dopo 15 anni si può dire di conoscere una persona sino in fondo? A quanto pare J, dopo averne viste tante, ancora non capisce K, non lo conosce, non ne comprende silenzi e paturnie. Eppure lui è così guascone, così divertente e anticonformista che è chiaro perché lo abbia reclutato, con tanto di vestito elegante, per la sua nuova avventura in questo “Men in Black 3”. Una storia ricca di citazioni, spassosa, esagerata, confusionaria e veloce, proprio nello stile di Barry Sonnenfeld, che ne ha diretto l’intera trilogia, divertendosi a giocare con ruoli, personaggi e improbabili alieni cattivoni con l’intenzione fissa e perenne di conquistare la nostra Terra. Cosa avremo mai di così speciale?

In questo caso una tecnologia aliena a difesa del nostro pianeta, che altrimenti sarebbe messo a soqquadro da farabutti intergalattici. Anche in questa nuova puntata, così distante socio-politicamente nel tempo dalla prima, la situazione alla base della storia rimane la stessa, un super cattivo, un super scorbutico e un agente fuori posto e fuori luogo, che si trova sempre al posto giusto nel momento giusto. Una guerra di gag ed armi fotoniche, donne aliene e donne capo, neuralizzatori di ultima generazione e un salto nel tempo per J-Will Smith alias Willy il Principe di Bel Air, giusto per capire cosa angustia il socio Kappa.

E perché no, dare prova del suo coraggio dinanzi alla versione giovane (ma vissuta contromano) di Tommy Lee Jones, ovvero un Josh Brolin in pieno stile imitativo, perfettamente inserito nel mix di trovate oltre i confini dell’impossibile e rimandi umanoidi ai grandi personaggi della storia. Parliamo dell’anno 1969, epoca in cui riparte il racconto, con particolare riferimento al lancio da Cape Canaveral dell’Apollo 11 sulla Luna. Certo, qualche buca qua e là fa surriscaldare il radiatore narrativo, ma alla fine ogni sequenza trova il suo filo logico astrale, con tanto di indizi per raccontare inaspettatamente il background dei protagonisti.

Il cuore pulsante della saga sono, infatti, gli eccellenti duetti tra i protagonisti, le battute a raffica, pur sparate talvolta senza senno e l’alchimia combattiva del team inamidato, non certo l’alieno e la sua furia vendicativa. A far decollare il film, decisamente collaudato, sono due persone opposte venute a contatto, grazie ai loro duetti la mission della produzione si svela già dal primo fotogramma: raccontare le avventure della strana coppia davanti allo spettatore, quel fan dei Men in Black che vuole sempre saperne di più e comincia ad indagare nel suo passato. Un po’ come J si comporta con K. 

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