UN WESTERN EPOCALE CON IL PICCOLO GRANDE DUSTIN HOFFMAN
“Io ho conosciuto il generale George Armstrong Custer per quello che era. E ho anche conosciuto gli indiani per quello che erano”. Con questa frase dell’ultracentenario protagonista si potrebbe riassumere l’intera tematica di “Piccolo grande uomo” del 1970. Dustin Hoffman è Jack Crabb che alla veneranda età di 121 anni racconta la sua straordinaria e lunghissima vita trascorsa tra la pacifica tribù dei Cheyenne e la “civiltà” dell’uomo bianco, fino ad arrivare alla tragica e folle disfatta di Custer nella battaglia di Little Big Horn.
La pellicola di Arthur Penn mostra un innovativo volto degli indiani e della loro cultura rinnovando ed elargendo nuovo vigore, luminosità, profondità e simbolismo al genere western. Ogni incontro, ogni personaggio che attraversa la vita di Jack è portatore sano di una qualità, positiva o meno, emblematica dell’essere umano. Ciò che salta subito all’occhio è, naturalmente, il vuoto e la superficialità della civiltà che trasuda vizi, odio, violenza ed ignoranza celati sotto una fitta coltre di rigida e falsa moralità. Questo porta alla distruzione dei miti del Far West fino ad allora rappresentati.
La semplicità apparente del modo di vivere degli indiani colma di valori e rispetto è, invece, mostrata come la strada da percorrere per una reale evoluzione, la scelta da fare, senza inutili fronzoli e ipocrisie.
A portare il pesante stendardo dell’ignobiltà dell’uomo bianco sono soprattutto Faye Dunaway e Richard Mulligan, magistrali interpreti della signora Pendrake e del generale Custer. La prima ha il compito di istruire Jack sulle rigide e intransigenti regole religiose ma anche di iniziarlo ai piaceri del sesso (a voi il piacere di vedere che fine farà Mrs. Pendrake!).
Custer, invece, rappresenta il folle, esasperato e ingiustificato militarismo, soprattutto degli Stati Uniti, atto alla distruzione senza scrupoli di altre civiltà e allo sfruttamento delle stesse. Custer è un pazzo sanguinario. Uccide ogni indiano che attraversi la sua strada senza alcuna remora. Il generale e il suo Settimo Cavalleggeri verranno letteralmente massacrati a Little Big Horn, puniti per la loro ignobile follia omicida.
Ma il popolo indiano perderà comunque. Sarà impossibile frenare l’inarrestabile avanzata della “civiltà”.
Questo è ciò che “Piccolo grande uomo” mostra: un popolo spezzato, decimato , schiacciato dalla furia incontrollata dell’uomo bianco. Un popolo costretto a rinnegare le proprie origini culturali e a soccombere alla religione alle leggi dei colonizzatori. Un popolo che nonostante questo non si è mai piegato e che ancora oggi lotta per il diritto di vivere nel rispetto dei valori in cui crede.