Amaro amore: recensione film

UN VIAGGIO NELLA MEMORIA ALLA RICERCA DEL PASSATO PER AFFRONTARE IL FUTURO E SULLO SFONDO LE ISOLE EOLIE

GENERE: drammatico

DATA DI USCITA: 23 Maggio 2013

Un coraggioso film italiano è Amaro amore, opera prima di Francesco Henderson Pepe, un film che affronta tematiche che molto spesso non trovano spazio nel nostro cinema o che sono rilegate solo sullo sfondo e utilizzate per suscitare ilarità nello spettatore.

Il film racconta la storia di André (Malik Zidi) e Camille (Aylin Prandi), due fratelli che arrivano a Salina per ricercare la verità sul passato della loro madre. I due però si trovano catapultati in un universo diverso da quello reale, nell’incantato magico mondo ancestrale e selvaggio dove il tempo ha altre regole rispetto a quelle a cui sono abituati e dove si ragiona e si vive in un microcosmo con regole immutate nei secoli. Il loro arrivo e la conoscenza con Santino (Francesco Casisa) romperà ogni vecchio equilibrio e i tre dovranno affrontare il passato, confrontarsi con il loro presente e aprirsi una strada verso il futuro.

Mettendo volutamente da parte il tema dell’omosessualità, che non è certamente quello predominante – anche se ad un occhio superficiale potrebbe sembrare così – il film racconta una storia di incomunicabilità dove niente è detto, con personaggi che si muovono inconsapevoli di tutto. È proprio nel non detto che il film trova il suo senso e la sua forza e, nonostante il mondo raccontato dal regista appaia fuori da ogni tempo, possiamo ritrovarci uno dei punti più discussi della filosofia moderna, ovvero l’uomo che non riesce più a parlare, confrontarsi con i suoi simili, tendendo costantemente a isolarsi e a sfuggire dalle proprie emozioni.

Del resto non bisogna dimenticare – e ce lo rammenta la voce fuori campo utilizzata ad inizio e fine film – che la storia raccontata è un ricordo ed è anche per questo che le singole scene appaiono come singoli quadri accostati uno all’altro senza una apparente logicità, come sono sempre i ricordi. È un viaggio nella memoria di Camille che ricorda un’estate a Salina e poco importa se i singoli episodi non sono avvenuti uno di seguito all’altro o in periodi diversi.

Lo spettatore è trascinato dentro il racconto ed è coinvolto nella solitudine dei personaggi, tanto da ricostruire le enormi ellissi temporali della sceneggiatura. Un buon lavoro, presentato anche al Festival di Mosca, dove ha ricevuto applausi e consensi.  

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