CONTINUA IL VIAGGIO TRA LE FRAGILI PAROLE DELLA DIVA PIÙ AMATA DI TUTTI I TEMPI
“Crescevo sapendo di essere diversa dagli altri bambini perché nella mia vita non c’erano né baci né promesse. Spesso mi sentivo sola e volevo morire. Provavo a tirarmi su con i sogni ad occhi aperti. Non sognavo mai qualcuno che mi amasse come accadeva agli altri bambini. Era uno sforzo troppo grande per la mia immaginazione. Mi limitavo a sognare di attrarre l’attenzione di qualcuno (oltre a Dio) e che la gente mi guardasse e pronunciasse il mio nome. Questo desiderio di attenzione aveva qualcosa a che fare, penso, col problema che avevo in chiesa la domenica. Non appena ero al mio banco, con l’organo che suonava e tutti intonavano gli inni, mi prendeva l’impulso di togliermi i tutti i vestiti di dosso. Volevo disperatamente stare nuda in piedi per Dio e che tutti mi vedessero. Dovevo stringere i denti e stare seduta sopra le mani per trattenermi dallo spogliarmi. A volte dovevo pregare accanitamente e supplicare Dio di impedirmi di togliermi i vestiti. Su questo facevo anche dei sogni. Nel sogno entravo in chiesa indossando una crinolina e niente sotto. Le persone erano sdraiate supine lungo la navata, io mi fermavo sopra di loro e loro avrebbero guardato in su verso di me. Il mio impulso a mostrarmi nuda e i sogni che ci facevo sopra non avevano alcun senso di vergogna o peccato. Sognare delle persone che mi guardavano mi faceva sentire meno sola. Credo che volevo che mi vedessero nuda perché mi vergognavo degli abiti che avevo: l’immutabile sbiadito vestito blu della povertà. Nuda ero come le altre ragazze e non come qualcuno con la divisa da orfano addosso.”
(Marilyn Monroe, La mia storia – Donzelli Editore 2010)
Norma James aveva smesso sin da bambina di sognare l’amore per questo gli uomini di tutta la sua vita furono, probabilmente, palliativi di una solitudine che si portava dentro. La delicatezza con la quale Marilyn ha raccontato i pensieri “impuri” di un’adolescente sottolinea molti dei tratti che hanno distinto l’attrice per tutta la sua carriera: Marilyn era una donna realmente disinibita tanto da non mostrare alcun tipo di volgarità quando, davanti alla fotocamera o una macchina da presa, tirava fuori questo lato della sua personalità; era una donna totalmente disincantata per questo priva di ogni forma di vergogna o di peccato ed era una donna assolutamente avanti, negli atteggiamenti e nei pensieri, rispetto ai suoi tempi specialmente se si sottolinea che queste parole furono scritte nel 1954 e, ancora oggi, a quasi cinquant’anni di distanza, sembrano provocatorie.
Il suo sogno si è avverato: non in una chiesa ma direttamente sul mondo lei ha camminato sulle persone supine che alzavano la testa per guardarla dal basso verso l’alto. Non era sempre nuda ma addosso aveva splendidi abiti del tutto diversi da quella divisa da orfana che Norma, comunque, aveva tatuata addosso come ognuno ha tatuato addosso il proprio passato. Come una cicatrice.
(Le foto qui sotto riportate, sono state scattate da Lawrence Schiller sul set del film mai completato Somenting’s got to give, del 1962)