Venezia 69: superstar – recensione

L’UOMO FAMOSO CHE NON VUOLE ESSERE FAMOSO

GENERE: Commedia

DATA DI USCITA: n.d.

Può essere interessante una persona banale? E cosa si intende per banale? Può considerarsi un termine offensivo o una semplice affermazione? Sono solo alcune delle tante domande che rimangono in mente all’uscita del film francese in concorso Superstar di Xavier Giannoli.

Un film interessante che pur non affrontando argomenti nuovi, come le contraddizioni del mondo della comunicazione e la fama come fenomeno aleatorio, riesce a trovare un ritmo e una storia inverosimile e assurda che però non ci stupiremmo se capitasse sul serio nello strano mondo dei media e dei social network.

Giannoli racconta la storia di un uomo qualunque che improvvisamente diventa una persona nota, un personaggio pubblico senza una motivazione apparente e questo comporterà nella sua vita uno stravolgimento a livello personale e psicologico. Farà, inoltre, da effetto domino sulle persone che verranno coinvolte scatenando nel loro intimo un turbinio di emozioni e sentimenti inaspettati.

Il mondo della televisione in Superstar è messo a nudo con le sue sfaccettature e presenta quell’entità difficile da comprendere che è il pubblico, la massa, un unione di persone che i media sono convinti di riuscire a dominare ma dei quali non capiscono fino in fondo le possibili reazioni. E’ un qualcosa a cui la televisione e i mezzi di comunicazione devono tener conto perché è talmente inconsapevolmente potente da renderti re un giorno e gettarti nel dimenticatoio un momento dopo. Le conseguenze di quei quindici minuti di notorietà, insomma, hanno conseguenze imprevedibili.

Il film è un’attenta e brillante analisi sociale e psicologica sugli effetti dei mass media e del pubblico sul singolo perché è di un singolo che vengono raccontati gli eventi e del quale diventa di dominio pubblico la vita privata andando contro ogni logica morale e dimenticando del tutto la privacy e il diritto a vivere una vita come tutti gli altri. Un singolo che viene dato in pasto alla società che a sua volta si sente in dovere di giudicarlo senza appello o banale o messaggero profetico, e rimane un’unica domanda: “perché?”

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