WILL FERRELL E ZACH GALIFIANAKIS PROVANO A DARE IL LORO “MEGLIO” COMICO, FALLENDO MISERAMENTE
GENERE: commedia
USCITA IN SALA: 21.09.2012
Ridere di gusto è un lusso per pochi. In Candidato a sorpresa ridere, o più in generale la risata di cuore, è un lusso per…poche scene. Quegli attimi in cui Will Ferrell esce dalla morsa dello stereotipo comico in cui Hollywood l’ha rinchiuso e Zach Galifianakis si scrolla di dosso i fasti delle sbornie di Una notte da leoni, praticamente nel momento in cui i due mattatori del film si dimenticano le loro origini “buffe”, per dedicarsi a due personaggi in grado di far divertire davvero.
Non pretendere la risata in cambio di battute mosce, gag assurde e solo rari momenti di ridanciana fisicità. Perchè il resto del film diretto da Jay Roach, primo regista di Austin Powers, soffre di ripetizione nella chiave di lettura saccheggiata allo slapstick del passato, puntando molto sui duetti tra i due protagonisti, (improbabili) candidati politici al senato, avversari a colpi di meschinità e scorrettezze.
Manca di energia questo film, manca di idee e di creatività, esaurita completamente nell’elaborazione dei manifesti destinati alla campagna promozionale, che sfruttano il simpatico trailer per ingannare lo spettatore, non potendogli rivelare ciò che gli “grida” poi in faccia durante la successiva proiezione: “è tutto qui, abbiamo due battute in croce, siamo un grande bluff!”.
Cam Brady contro Marty Huggins, buffoni a confronto che nella satira tra repubblicani e democratici provano la corsa al senato americano, utilizzando l’arma tagliente dell’ironia per far galvanizzare un pubblico spento e criticare lo stato di corruzione presente, talvolta, nei retroscena dei salotti buoni della politica. Ma come succede quando alla base l’idea carina è poco elaborata, il risultato è una coperta corta, cucita da una mediocrità diffusa che non permette mai al film di decollare.
Anzi, al contrario, resta sospesa in attesa di quel colpo a sorpresa che non arriva mai, confondendo le acque tra politicamente scorretto e un buonismo esasperante collocato all’interno della storia, che stringe le mani al collo dell’ironia pungente presente ad inizio pellicola e ne soffoca la buona riuscita.