LA FAVOLA DELLA FANTASIA CHE DIVENTA REALTÀ
È una famiglia che da sola occupa quasi tutto il palazzo del colera (noto per essere stato alla fine del 1800 il luogo in cui venne trovato il primo focolaio della malattia), una famiglia della Napoli verace, quasi macchiettistica ma ironicamente e drammaticamente concreta quella che porta Luciano (Aniello Arena) a fare un provino per il Grande Fratello, provino che gli rovinerà la vita slegandolo completamente dalla sua realtà.
Inizia tutto con un piano sequenza aereo, piano sequenza che insegue una carrozza, molto simile a quella di Cenerentola, che arriva in un bellissimo palazzo. La camera atterra, come gli spettatori, e scopre la verità: in quel palazzo si tengono dei matrimoni dove le spose sono principesse e i loro neo mariti principi, almeno per un giorno, dove i neomelodici cantano a squarciagola insieme agli invitati che ballano sulle loro note, dove un personaggio di un reality è mito. Poi si torna alla realtà, si torna a casa, dove tutto è sgarrupato, dove tutto ha odore.
Ma il mito è infetto soprattutto per chi, come Luciano un pescivendolo e piccolo simpatico truffatore partenopeo dalla contagiosa simpatia ed esibizionista per indole, è puro. Ci vuole poco a convincere il protagonista a tentare di entrare nella casa e ci vuole ancora meno perché già solo i riflettori dei provini offuschino la vista. Ed ecco che Luciano vive il suo personale Grande Fratello, sentendosi seguito e controllato, perdendo di vista la realtà e vendendo la sua attività per ristrutturare la sua casa qualora qualcuno, mentre lui è nella gabbia di Cinecittà, andasse a intervistare i suoi familiari.
La narrazione della storia per buona parte del film risulta plausibile, sicuramente ironica nella drammaticità della reazioni di Luciano che, anche dopo l’inizio del reality, continua imperterrito a credere in una chiamata e a sentirsi spiato tanto da voler espiare la sua colpa di aver allontanato un mendicante in malo modo dalla sua pescheria regalando ogni suo avere a dei barboni come se l’occhio del grande fratello potesse vedere il suo pentimento e perdonarlo facendolo entrare, come se l’occhio della telecamera fosse paragonabile all’occhio di Dio.
Se per buona parte del film la veridicità, anche dei siparietti familiari, la fa da padrona a un certo punto, forse volutamente, tutto diventa eccessivo, assurdo, sfociando nel gran finale dove Luciano entra nella casa, clandestinamente, e ride. L’interpretazione è libera: se il protagonista rida di felicità o perché si è reso conto di quanto fosse ridicolo il suo sogno è a discrezione di chi guarda.
(24 settembre 2012)