SI CONCLUDE ANCHE QUESTA EDIZIONE, BILANCIO POSITIVO CHE GUARDA AL FUTURO
Venezia 69, ultimo giorno, si comincia a smantellare. Si conclude Venezia 69 con il trionfo meritato e semi-annunciato di Pietà, opera mastodontica del sudcoreano Kim ki-Duk. Il regista si toglie così qualche sassolino nelle scarpe, grazie all’ultimo premio conquistato in un Festival internazionale che corona la sua magnifica carriera. A sorpresa, invece, spiazzando alcuni pronostici che vedono lo sconfitto Bellocchio prendersi la seconda piazza, il leone d’argento finisce nelle mani di Paul Thomas Anderson e il suo The Master, che gode dell’ottima performance del duo Joaquin Phoenix-Phillip Seymour Hoffman.
Film controverso sulla vita di Rob Hubbard, fondatore della “setta” religiosa di Scientology, non è stato subito amatissimo dal pubblico del Lido, ma ha convinto la giuria che lo ha premiato, insieme a Paradise Glaube, vittima di una gaffe degli organizzatori. Le due pellicole erano state confuse, gran premio della giuria al secondo, grazie alla buona regia dell’austriaco Ulrich Seidl, a cui è stato depositato nelle mani la pergamena direttamente da un’imbarazzata Laetitia Casta, in un cerimonia di chiusura senza fronzoli.
L’italia si è consolata con Ciprì e il suo È stato il figlio (miglior fotografia) e Daniele Falco, il suo giovane protagonista, quale miglior esordiente. Lungo applauso la proiezione del cortometraggio La sala di Alessio Giannone, film breve in concorso nella sezione “Orizzonti – Le nuove correnti del cinema mondiale” alla 69^ edizione della Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. Un Festival tutto sommato, più che una mostra, che Barbera ha diretto con polso mantenendo uno stile controllato, con pochi flash e tanta sostanza. Certo la strada è lunga per riprendere in corsa i cugini dirimpettai e decisamente più glamour di Cannes, ma l’impegno è stato quello giusto. Verrà riconfermato? Dopo Roma l’ardua sentenza.
(9 Settembre 2012)