IL REGISTA E IL CAST AL COMPLETO HANNO RACCONTANO IL FILM ALLA CRITICA
Non ha una tematica facile la seconda opera cinematografica di Stefano Mordini. Acciaio, tratto dall’omonimo libro di Silvia Avallone, co-sceneggiatrice del film, parla di un futuro che i giovani non vedono, o faticano a vedere. Parla anche di una città, quella di Piombino, che è limitata nel perimetro circoscritto intorno all’acciaieria Lucchini, la fabbrica che dà lavoro ai giovani del luogo.
Nel particolare, racconta la storia di due ragazze le cui vite si incrociano e scontrano in una realtà di periferia. Ad analizzare i temi trattati nei 95 minuti della pellicola, erano presenti in sala il regista, i volti principali del cast artistico ovvero Michele Riondino, Anna Bellezza, Matilde Giannini e Francesco Turbanti; l’autrice dell’opera letteraria e i rappresentanti di BoleroFilm, Rai Cinema e Palomar.
Ad aprire la conferenza ci hanno pensato i giornalisti, che in larga parte si chiedevano come mai fossero stati tralasciati degli aspetti ben analizzati nel libro e allo stesso tempo ne abbiano riadattato altri. “Abbiamo voluto che il testimone della storia fosse Anna, perché la sua realtà era quella di cui si parlava maggiormente”, spiega Mordini, spalleggiato dalla Avallone, che ha tenuto a precisare che “c’è stata un’intesa perfetta sui punti centrali da privilegiare. Volevamo che il fulcro del film fossero le fragili domandi che le due ragazze si pongono sul futuro”.
Il futuro è, in effetti, una delle questioni salienti della pellicola. Anna e Francesca spesso si chiedono quale sarà il loro, cosa faranno tra qualche anno, se avranno bambini. Il fatto che ci siano diverse possibilità che la vita ci riserva per il domani e che abbiamo facoltà di scelta, è ben mostrato nel lungometraggio: Anna frequenterà il liceo classico per sperare di combinare qualcosa nella vita; Francesca comincerà a lavorare in uno strip-club; Alessio ha la certezza del lavoro in fabbrica e nonostante non sia il massimo si accontenta; Elena ha studiato fuori Piombino, per poi tornarci.
“Ho iniziato a scrivere il libro nel 2009, quando ancora non si parlava di lavoro”, – spiega la Avallone – “Ciò che percepivo mentre scrivevo era la necessità di portare alla luce un mondo che per i mass media non esisteva. Oggi, per assurdo, se ne parla troppo e le aspettative non ci sono più. È rimasto solo un grande interrogativo”.
Interpellate nel discorso anche Anna Bellezza e Matilde Giannini, entrambe sono concordi sul fatto che sia normale, ad un certo punto della vita, chiedersi cosa faranno e se rimarranno nel luogo dove sono nate. “La realtà di Piombino è limitata, e con essa anche le possibilità e i lavori”, chiarisce la Bellezza.
Immancabile, in un discorso del genere, la polemica sulla situazione italiana del momento. Particolarmente sentita per Riondino, che alimenta la discussione affermando “è retorico parlare dei giovani e prospettive future, perché è retorico che chi siede nei grandi palazzi della politica e dovrebbe risolvere il problema sostiene che noi non dobbiamo fare gli schizzinosi negli impieghi e abituarci a cambiare posto di lavoro. Il problema è proprio questo: non possiamo proprio neanche fare gli schizzinosi”. Il riferimento al ministro del lavoro Elsa Fornero appare chiaro.
A smorzare i toni, e a concludere la conferenza, ci pensano Carlo Brancaleoni di Rai Cinema e Carlo Degli Esposti di Palomar. È proprio per volere di quest’ultimo che il libro è stato adattato per il grande schermo, poiché “il romanzo mi aveva colpito molto, perché ha uno sguardo atipico e interessante sulle generazioni, e su un’Italia locale”.
Il film sarà nelle sale a partire dal 15 novembre 2012, in circa 60 copie. E come ha sottolineato la BoleroFilm, “non è dalle copie che si vede la qualità di un lavoro”.