30 tff – sun don’t shine: recensione film

COME SFUGGIRE DAI SENSI DI COLPA: UNA SORTA DI THRILLER PSICOLOGIA, OPERA PRIMA DI AMY SEIMETZ

Come definire Sun don’t Shine film di Amy Seimetz in concorso al 30 TFF? La pellicola, opera prima della regista, si inserisce certamente nella ormai assodata tradizione dell’indie movie americano, ma è intrinsecamente anche un thriller psicologico, un film on the road e per certi versi anche un noir: insomma il termine giusto che potrebbe tranquillamente definire Sun dont’ Shine è semplicemente “ibrido”. Ibrido nel senso che gioca con i generi, in maniera anche intelligente.

Il film racconta la storia di Crystal (Kate Lyn Sheil) che uccide il marito per coronare il suo sogno d’amore con il suo boy-toy Leo (Kentucker Audley). Poi la fuga, una corsa contro il tempo per sfuggire alla legge, ma non solo. C’è da liberarsi anche dai sensi di colpa per aver ucciso un uomo, nella stra-abusata dal cinema metafora del viaggio, che è al contempo fuga, desiderio, liberazione. Sun don’t Shine si muove attraverso una Florida inedita, lontano da Miami, e più selvaggia che mai. Selvaggia come la nostra protagonista, Crystal, che è il punto di vista centrale della narrazione dei fatti, in un racconto che è allucinato, onirico, distratto, a tratti delirante, che sembra essere narrato da qualcuno che si è appena svegliato e che, nella confusione del dormiveglia, non ha una visione ancora lucida della realtà. Del resto Crystal sta cercando di vivere un sogno (d’amore) e forse è anche azzeccato il modo con cui la Seimetz ha deciso di condurre la sua sceneggiatura.

Controaltare perfetto per la “pazzia” di Crystal è comunque Leo, lucido, frenetico, preoccupato, che tenta di mantenersi ancora ancorato alla realtà, nonostante sia quasi impossibile.

A volte però si ha l’impressione di essere smarriti; non si riesce a seguire in modo lineare la storia e, questo crea parecchia confusione, soprattutto in uno spettatore non abituato ad un tipo di cinema introspettivo.

Le due prove degli attori principali Kate Lyn Shiel e Kentucker Audley sono abbastanza soddisfacenti. La Shiel incarna bene l’ingenuità infantile di Crystal, con il suo carattere oscuro e i suoi istinti all’autodistruzione. Stessa cosa si può dire di Kentucker Audley che dà sfogo con la sua recitazione ai tormenti del povero Leo, che cerca sempre di fare la cosa giusta, nonostante ormai sia accaduto l’irreparabile.

Il debutto alla regia diAmy Seimetz è decisamente interessante, anche solo per il fatto che la regista ha avuto il coraggio di portare sul grande schermo un film con uno stile proprio, in modo tale da esprimere al meglio l’interiorità e la psicologia. Qualche pecca, forse dovuta anche all’inesperienza, si può riscontrare nella narrazione, che sembra un acquarello abbozzato, che decide di affidarsi all’onirico, non approfondendo fino in fondo il carattere di questa donna tormentata. Il talento c’è: ci sarà anche il tempo per farlo crescere in futuro?

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