CORRE OGGI L’ANNIVERSARIO DELLA NASCITA DI UN’ICONA DELLA STORIA DELL’HORROR
C’era un periodo in cui per fare film horror bastavano i volti di chi sapeva incutere timore nello spettatore, talvolta con l’aiuto di una voce cavernosa o di ore incessanti di trucco per rendersi più inquietanti allo sguardo. Erano gli anni di Bela Lugosi, Christopher Lee, Vincent Price, per dirne alcuni. Poi c’era William Henry Pratt, in arte Boris Karloff, un attore nato 115 anni fa vicino Londra a Camberwell, proprio il 23 novembre.
Lanciato nel 1931 da Frankenstein di James Whale, fu subito travolto da un immenso successo. Oggetto di imitazioni e parodie nel corso degli anni, l’interpretazione di Karloff entrò nei manuali della storia del cinema, visto il modo in cui l’attore inglese rese sullo schermo il ‘mostro’ creato dall’immaginazione di Mary Shelley: non solo inquietante e minaccioso come si richiedeva, ma anche di una tenerezza senza pari, simbolo della diversità mai accettata e continuamente respinta dagli altri che con il loro odio fanno sì che la creatura nata in laboratorio diventi l’incarnazione del male. La maschera creata da Jack Pierce è tra le immagini più iconiche del cinema horror, ma non sarebbe mai stata così effettiva, se non fosse stato per l’apporto dato al personaggio da Karloff.
Più tardi sarebbe stata la volta de La sposa di Frankenstein dove viene spinto l’acceleratore su effetti speciali, senso del grottesco e della tragedia, per uno dei capolavori assoluti del genere. Con quel tocco di erotismo in più che si nasconde tra le pieghe dell’orrore, con “il trionfo finale della ragione sulla passione”, come fa giustamente notare Mereghetti, il film è uno di quelli da vedere e rivedere per chiunque si ritenga ‘appassionato di cinema’ ed è uno dei pochi casi di sequel superiore al predecessore, che già era vicino al capolavoro. In più Karloff è ancora deliziosamente inquietante, ma riesce ad essere più umorista, come nella scena in cui cerca di avvicinarsi alla sua ‘sposa’, visibilmente sconvolta.
Ma Boris Karloff, da bravo trasformista, è stato anche La mummia Imhotep nell’omonimo film di Karl Freund, il cinese con ambizioni di dominio sull’Asia Fu Manchu, un saccheggiatore di tombe ne La iena … Recitò anche a fianco dell’ungherese Bela Lugosi, da alcuni ritenuto suo acerrimo rivale, per chi fosse più bravo nel genere dei cosiddetti ‘monster-movies’. Abile trasformista, con l’avanzare dell’età, non riuscì più a essere prolifico come un tempo, anche perché le grandi case di produzione lo chiamarono sempre meno. Si rivolse allora al teatro, alla televisione, doppiò la trasposizione animata de Il grinch e lavorò con due grandi registi ingiustamente considerati di serie B, ma in realtà Maestri a tutto tondo: Roger Corman e Mario Bava.
E se col primo recitò in due minori come I maghi del terrore e La vergine di cera, per il secondo collaborò a uno dei colossi del cinema horror a episodi ovvero I tre volti della paura conosciuto anche come Black Sabbath, titolo che diede l’idea a Ozzy Osbourne e co. per il nome della loro Band. Vediamo in questo film Karloff introdurre ogni episodio con il suo tipico senso dell’umorismo macabro, ma questi è anche protagonista del memorabile I Wurdalak dove un vecchio torna dalla sua famiglia dopo tanto tempo, ma figli e nipoti cominciano a pensare che l’anziano possa essere diventato qualcosa di diverso da un essere umano. Una parte perfetta per l’ormai settantaseienne attore che risulta ancora in forze per comunicare un notevole senso di inquietudine nello spettatore.
Grande ‘gentleman’ che non amava prendere sul serio quello che faceva, se ne andò il 2 febbraio del 1969 per un enfisema. Rimane comunque sempre nel cuore degli appassionati del suo cinema e non è detto che prima o poi ritorni dall’oltretomba per invadere i nostri sogni…
“Questo babbeo mi parla di Karloff! Credi che serva talento per fare Frankenstein? Basta un po’ di trucco, qualche grugnito!”
(Martin Landau nei panni di Bella Lugosi, “Ed Wood” di Tim Burton, 1994)