CLINT EASTWOOD SI PRENDE UNA PAUSA IN CABINA DI REGIA, MA IL RISULTATO NON ESALTA
GENERE: drammatico
USCITA: 29 novembre 2012
L’appuntamento annuale con il cinema di Clint Eastwood è d’obbligo: è un po’ come una festività, un Natale di celluloide, atteso con ansia, viste le emozioni che porta con sé, anche nei momenti meno felici. Peccato che quest’anno il regista de Gli Spietati si sia preso una pausa e abbia lasciato carta bianca al collaboratore di vecchia data Robert Lorenz.
Cosa aspettarsi dunque da un film sul Baseball che riunisce una vecchia gloria del western e due giovani leve, come Amy Adams e Justin Timberlake? Intanto aspettatevi buoni sentimenti e tematiche trattate già mille altre volte come voglia di riscatto e capacità inaspettate di rimettersi in gioco. Ma non aspettatevi neanche due ore di noia, perché non le avrete.
Di nuovo in gioco (in inglese Trouble with the curve) è il classico film sportivo sul baseball, sport che gli americani vedono sempre circondato da un’aura di sacralità, mentre in Italia non è che stuzzichi proprio le nostre corde: quindi fare due ore interessanti su un argomento che prende così poco è già una missione compiuta. In parte. Perché l’anno scorso con tematiche simili Bennett Miller aveva fatto un gran film Moneyball – L’arte di vincere ottenendo in più una delle migliori interpretazioni della sua carriera da Brad Pitt. Qui i momenti godibili ci sono, le battute al vetriolo di Clint pure, senza dimenticare la grazia della Adams! Forse il tutto però è talmente leggero che passate le due ore, la pellicola si dimentica in poco tempo. E anche il fatto che il colpo di scena sia prevedibile fin dall’inizio non aiuta nella nostra incerta valutazione.
Il film è dunque sufficiente e non è tempo sprecato. Solo che mette ancora più attesa per un ritorno in cabina di regia da parte del vecchio cowboy col sigaro. Si è fatto la sua benedetta vacanza, ma vista la sua determinazione, è meglio che torni dietro la cabina di regia e ci porti anche un film non del tutto riuscito come J. Edgar, che comunque comunicava un’idea di cinema più chiara di quella espressa da Lorenz con questo film.